Il Giornale del Salento

Le collaborazioni con partita iva in regime di monocommittenza lavoro subordinato o autonomo?

L’attività del collaboratore con partita IVA trova la propria fonte giuridica nel contratto d’opera di cui all’art. 2222 c.c. secondo il quale si ha una prestazione d’opera (che comprende anche l’attività di consulenza dei professionisti) quando un soggetto, verso un corrispettivo, si impegna a compiere un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente.

Il prestatore d’opera svolge la propria attività lavorativa in modo completamente autonomo, senza alcun coordinamento con l’attività del committente e senza alcun inserimento funzionale nell’organizzazione aziendale. Pertanto tale prestazione si caratterizza per:

l’assenza di vincoli di orario, la totale libertà nelle scelte delle modalità tecniche di esecuzione del lavoro da parte del collaboratore, il raggiungimento di un risultato, il compenso determinato in funzione delle opere eseguite o del servizio reso, senza alcun riferimento, quindi, ad alcuna periodicità, l’assunzione del rischio economico da parte del collaboratore, l’unicità e la saltuarietà della prestazione, (in altri termini, il lavoratore riceve un unico incarico, anche se l’assolvimento del medesimo richiede il compimento di una serie di atti in un certo arco temporale).

Non è richiesta la forma scritta, ma è consigliabile procedere alla sottoscrizione di un incarico o di un contratto di prestazione d’opera. È assolutamente opportuno che “l’accordo”, stante la sua rilevanza probatoria in sede di eventuale contenzioso, contenga la descrizione dettagliata dell’opera o del servizio oggetto dello stesso, i tempi di esecuzione della prestazione, il compenso pattuito ed i tempi di pagamento, la data e la modalità del recesso. Per dare data certa all’accordo, consiglio di applicate una marca da bollo, anche solo di un euro, o di inviarsi reciprocamente l’accordo a mezzo posta con piego senza busta.  

Per le prestazioni eseguite il prestatore d’opera emetterà fattura al committente, il quale lo pagherà trattenendo una ritenuta del 20%. Il reddito del prestatore d’opera è classificato come reddito di lavoro autonomo (quindi non subordinato) ed è tassato in “autoliquidazione” cioè in sede di dichiarazione dei redditi applicando le aliquote progressive a scaglioni ai fini irpef. Le fatture vanno registrate su appositi registri e periodicamente si procederà alla liquidazione (trimestrale e/o mensile) dell’IVA. La dichiarazione dei redditi e quella ai fini iva vengono redatte una volta l’anno.

Il collaboratore autonomo con partita IVA è obbligato ad iscriversi alla Gestione Separata INPS, salvo che eserciti un’attività che preveda l’iscrizione ad un albo o ad un ordine provvisto di cassa previdenziale (ad es. avvocati, commercialisti, medici, ingegneri, agronomi, psicologi, ecc.).                          È prevista una riduzione dell’aliquota ordinaria dovuta, per i pensionati e per i soggetti assicurati presso altre forme di previdenza obbligatoria. La contribuzione è a totale carico del lavoratore con partita IVA, che può addebitare al committente, a titolo di rivalsa previdenziale (parziale), il 4% calcolato sul compenso lordo.

Se la prestazione è resa da un soggetto con partita IVA per un solo committente, il rapporto di lavoro rischia di essere contestato dagli organi di vigilanza dell’Ispettorato del Lavoro, in quanto considerato dissimulatore di un diverso rapporto di lavoro dipendente, tanto che con la legge 28 giugno 2012, n. 92, meglio conosciuta come riforma Fornero, ha imposto sulle partite IVA una presunzione relativa, che ammette, quindi, prova contraria dal committente, che può comportare la trasformazione del rapporto di lavoro in una collaborazione coordinata e continuativa (collaborazione a progetto) o addirittura, se l’attività non è riconducibile ad un progetto specifico, in un contratto di lavoro di tipo subordinato a tempo indeterminato.

Ma attenzione! Non è facile che ciò accada. Con un po’ di attenzione tutto questo può essere evitato. Secondo la legge la presunzione de quo opera quando ricorrono almeno due dei seguenti presupposti:

1. la durata della collaborazione sia complessivamente superiore ad otto mesi annui per due anni consecutivi; 2. il corrispettivo che ne deriva, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d’imputazione di interessi, deve costituire più dell’80% dei fatturati annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco di due anni solari consecutivi; 3. il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.

Analizziamoli!

Il primo presupposto, riguarda la durata della prestazione, che non può essere complessivamente superiore ad otto mesi annui per due anni consecutivi. È chiaro che il legislatore, nell’usare l’avverbio “complessivamente”, ammette il cumulo di più periodi, anche discontinui, nell’anno.

Il secondo presupposto, quello economico, che pure deve ricorrere per due anni solari consecutivi, mette in difficoltà il datore di lavoro che dovrebbe verificare, in corso d’anno, la posizione fiscale del collaboratore autonomo. Il problema è di facile risoluzione, in quanto il committente, prima di sottoscrivere un contratto di prestazione d’opera con un titolare di partita IVA, acquisirà un’attestazione sottoscritta dal lavoratore riguardante il reddito che egli presume di produrre nel periodo d’imposta.

Il terzo presupposto, consiste nella disponibilità del prestatore di una sede ad egli stabilmente assegnata dal committente, anche se non in via esclusiva.

Tuttavia, la presunzione relativa non può essere applicata quando la prestazione sia:

– qualificata per competenze teoriche di grado elevato o per rilevanti esperienze;

– svolta da un soggetto con un reddito minimo annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile della Gestione Commercianti (attualmente circa € 20.000);

– resa nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad un ordine professionale ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali.

La   presunzione legale si applica ai rapporti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore della L. 92/2012 (cioè 18 luglio 2012). Per i rapporti in corso a tale data, al fine di consentire gli opportuni adeguamenti, la presunzione opera solo dopo dodici mesi dall’entrata in vigore della legge.  

Ricordo che, in quanto presunzione relativa legale, la prova contraria è ammessa, ma dev’essere sempre il committente a darla. In mancanza della prova gli organi ispettivi procederanno, ipso iure, al disconoscimento del contratto di prestazione d’opera, riconducendolo alla fattispecie della collaborazione coordinata e continuativa o, in assenza del progetto, a quella del lavoro subordinato a tempo indeterminato con tutti gli oneri che ne derivano.

Exit mobile version