Qual è la tua arte?
Con parole essenziali così descrisse l’arte Papa Giovanni Paolo II: “Cari artisti e amici, …vedo in voi dei veri benefattori dell’umanità, .. voi portate al mondo una pienezza e una elevazione spirituale attraverso la contemplazione del bello … tra l’arte che voi esprimete con la vostra attività e la fede, alla quale noi diamo testimonianza per mezzo del nostro ministero, esiste una naturale relazione, una profonda affinità, una meravigliosa possibilità di collaborazione. … sia l’arte che la fede esaltano la grandezza dell’uomo e la sua sete di infinito. … voi siete chiamati a un servizio che eleva, arricchisce, consola lo spirito umano, aiutando l’uomo a raggiungere Dio. Questa è la sublime missione dell’arte, che non è senza analogia con la missione della Chiesa”.
Al di là delle analogie con la fede, l’arte comprende ogni attività umana che porta a forme creative di espressione estetica, che si fondano su abilità innate e accorgimenti tecnici appresi con lo studio e con l’esperienza e che trasmettono emozioni e messaggi soggettivi.
Non esiste, dunque un unico linguaggio artistico e neppure un codice univoco di interpretazione.
L’arte è l’espressione estetica dell’interiorità umana: rispecchia le opinioni dell’artista nell’ambito sociale, morale, culturale, etico o religioso.
L’arte può essere considerata anche una professione di antica tradizione svolta nell’osservanza di alcuni canoni codificati nel tempo.
Anticamente, infatti, il concetto di arte includeva anche quello di artigianato, poiché il termine arte (dal greco técne) significava conoscenza delle regole, mediante le quali era possibile produrre un oggetto.
Charles Batteux nel 1746 definisce, nel suo libro Le belle arti ridotte ad un unico principio, il sistema delle belle arti, indicando cinque arti in senso proprio – la pittura, la scultura, la poesia, la musica, la danza – a cui associava due arti connesse – l’eloquenza e l’architettura – il cui carattere comune risiedeva nell’imitazione della realtà per il fine di creare oggetti belli.
Agli inizi dell’Ottocento, con la nascita di nuove forme di espressione come la fotografia e l’architettura industriale, il termine arte diventa un concetto aperto, in cui tutte le possibili definizioni dell’arte confluiscono.
Attualmente vengono classificate essenzialmente dieci principali forme di arte, a cui si ricollegano tutte le altre – dette arti minori – che sono:
- Pittura (inclusi il disegno, l’incisione e la grafica digitale);
- Scultura (inclusi l’oreficeria, l’arte tessile, l’arazzo e l’origami);
- Architettura;
- Letteratura;
- Musica;
- Danza;
- Teatro;
- Cinema;
- Fotografia;
- Fumetto.
Una volta definita l’arte, resta da chiedersi cosa spinge l’uomo a creare oggetti d’arte, ad esprimersi con l’arte, ad ammirare oggetti d’arte e a vivere momenti di contemplazione dell’arte.
Forse l’attività artistica dell’uomo è frutto della riflessione filosofica, della ricerca incessante della verità, della sua sete di infinito; certo è che la creazione artistica è il riflesso di una ricchezza interiore estranea ad ogni altra specie vivente, qualcuno direbbe che è un riflesso dell’anima.
Soprattutto per i pensatori privi di fede l’arte è l’unico modo di annullare l’oblio del tempo che scorre, di eternare il pensiero dell’uomo in generale e il ricordo dell’artista in particolare: attraverso l’opera d’arte ogni artista ambisce a conquistare la sua eternità e trasmettere ai posteri l’eredità del suo pensiero.
La funzione “eternatrice” dell’arte poetica è espressa in modo sublime nei versi finali del carme Dei Sepolcri di Ugo Foscolo; Omero vaga tra le tombe e interrogando le urne rinnova le gesta degli eroi del passato, che grazie alla sua Poesia continueranno a “vivere” tra gli uomini: “E tu, onore di pianti, Ettore, avrai,/ Ove fia santo e lagrimato il sangue/ Per la patria versato, e finché il Sole/ Risplenderà su le sciagure umane”.
Per il Foscolo il ricordo dell’eroe può, infatti, rendersi eterno nella memoria dei propri simili per mezzo della poesia, che vince di mille secoli il silenzio.
In fondo, con estrema sintesi, è per sfuggire alla morte che l’uomo ha inventato il linguaggio artistico: alla fine si diventa ciò si crea e si resta nella memoria mediante l’opera d’arte stessa, certo solo quando questa raggiunge livelli di eccellenza.
L’arte può avere anche una funzione didascalica, soprattutto nelle intenzioni degli artisti del medioevo, ovvero quella di trasmettere delle conoscenze o degli insegnamenti ai soggetti fruitori dell’opera d’arte.
Ma più spesso l’impulso creativo nasce dal bisogno dell’artista di esternare dei sentimenti profondi, anche al fine di elaborarli e comprenderli meglio: la creazione artistica ha un effetto terapeutico per lo stesso artista, che può essere trasmesso anche al pubblico.
Gli effetti terapeutici dell’arte, ad esempio, erano noti sin dall’antichità: il concetto di catarsi, o distacco liberatorio dalle passioni, fu introdotto da Aristotele per esprimere l’effetto di purificazione che avevano la musica e la tragedia greca sull’animo degli spettatori, i quali, rivivendo intensamente allo stato sentimentale le forti passioni rappresentate sulla scena, se ne liberavano rasserenandosi.
Ritorna alla mente, a questo punto, la pratica secolare del ballo rituale e terapeutico della pizzica nel Salento a opera di musicisti guaritori, che con ritmi accelerati ed ossessivi di violini, tamburelli e organetti esorcizzavano e guarivano inducendo ad un ballo frenetico le donne avvelenate (vere o presunte) dal morso della tarantola.
Che l’arte sia l’imitazione della natura, secondo una concezione platonica, o che sia una libera creazione del pensiero umano, che utilizza forme sempre nuove, per finalità ludiche, didattiche, terapeutiche o semplicemente estetiche, vi è una tale varietà di linguaggi artistici e una tale bellezza di prodotti o opere d’arte, che nessuno può dirsi estraneo a qualsiasi interesse artistico. Nessuno di quelli che appartengono alla specie umana.
Dunque, io chiederei a ciascuno dei lettori “qual è la tua arte?”
Per concludere con un’esortazione ad ogni aspirante poeta e scrittore, mi piace utilizzare una frase tratta dal capolavoro del grande Fëdor Dostoevskij “I demoni”:
«Io dichiaro che Shakespeare e Raffaello stanno al di sopra della liberazione dei servi della gleba, al di sopra della nazionalità, al di sopra del socialismo, al di sopra della giovane generazione, al di sopra della chimica, quasi al di sopra dell’umanità intera, poiché sono già un frutto, il vero frutto di tutta l’umanità e forse il più alto frutto che mai possa esistere! È già stata raggiunta una forma di bellezza, senza il raggiungimento della quale io non accetterei più di vivere …; uomini meschini, che cosa vi manca per capire? Ma lo sapete voi, lo sapete voi che senza gli inglesi l’umanità può ancora vivere, può vivere senza la Germania, può vivere fin troppo facilmente senza gli uomini russi, può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più niente da fare al mondo! Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui. La scienza stessa non resisterebbe un minuto senza la bellezza, lo sapete voi questo, voi che ridete? Si trasformerebbe in volgarità, non inventereste nemmeno un chiodo!»