In tutta onestà, un proverbio che ho sempre compreso poco, ad onor del vero, fino ad ora, è il seguente: “Scherza coi fanti, ma lascia stare i santi”. E come tutti sanno, gli eventi eccezionali, per quanto nefasti, ti aiutano a comprendere situazioni che in condizioni di normalità non avresti mai compreso, per cui, oggi, che mi sembra di averlo compreso, voglio fare due semplici considerazioni senza mancare di rispetto ai santi, un po’ meno ai fanti.
A causa del Coronavirus, quest’estate, le feste patronali hanno smarrito la via della tradizione: niente processioni, niente santi per strada. Ovvio, le processioni sono assembramenti e poiché il virus non perdona, agli innumerevoli status già assunti in passato, come quello di lavoratore, vacanziere, frequentatore di movida, esso aggiungerà quello, certamente più spirituale, di “devoto” e come tale camminerà fianco a fianco ai fedeli, colpendoli inesorabilmente. Meglio evitare, ma tutto ciò avrebbe un senso se la festa patronale non si facesse lo stesso, anche senza giostre, ma con le bancarelle e con l’impegno di gruppi di cittadini che nonostante il divieto organizzano, in nome del popolo, piccoli concerti musicali nei vari angoli del paesino o della marina, che suonano e cantano attirando il pubblico che inevitabilmente inizia a cantare e a ballare rigorosamente senza mascherina.
Così ristoranti, bar, lidi, trattorie, bettole clandestine travestite da sushi bar, brulicano di affamati. Le strade si riempiono di gente, più di quanta avrebbe partecipato alla processione del santo non festeggiato. L’insolito risultato è che gli unici a vivere l’isolamento sono i non festeggiati, cioè i santi. La festa non si fa nei luoghi canonici, ma negli angoli più disparati del paesino; per loro solo una messa solenne e niente più. Festa patronale senza patrono, che non è presente, ma recluso in chiesa, lontano dai suoi fedeli. La festa c’è, ma non si vede. Niente santi, tutto il resto si. Mi sorge un dubbio: che questo virus, data la provenienza orientale, dal Sol Levante, sia ateo per imposizione del partito comunista cinese? Che non gli piacciano i santi, ma si faccia conquistare dalle note di una ritmata pizzica o di una scatenata taranta?
In breve, in base a quale criterio si vietino le manifestazioni religiose, tollerando quelle musicali, non è dato sapere. Di certo qualcuno obietterà utilizzando una motivazione, poco mistica e molto umanitaria, secondo la quale si dirà che le processioni appartengono ad una fede non autentica, mero cattolicesimo senza cristianità, perché i veri cristiani, nell’era della globalizzazione e dell’immigrazione, si occupano di accoglienza e di soccorsi umanitari. Il resto è solo credenza popolare che ben si coniuga con un nazionalismo sconfinante nel sovranismo.
D’altra parte, la logica è chiara se solo si pensa che quando si parla di processioni al sud lo si fa per mettere in evidenza l’inchino del santo ai mafiosi costretti agli arresti domiciliari, non certo per il Covid, com’è stato per la maggior parte delle persone oneste. Poi, non importa se le mafie gestiscono il traffico di migranti, come non è importante se si sopprimono le processioni per il Covid mentre si permette ai migranti di sbarcare numerosi portando il virus dall’oltremare. Certo è che in caso di ritorno del Santo Coronavirus, dopo aver cantato e ballato per tutta l’estate, si dirà che la colpa del contagio è delle feste patronali, perché incoerenti come siamo, “Passata la festa, gabbato il santo” o, per i turisti stranieri, “After the party, deceived the saint”. Viva l’Italia.