Il Giornale del Salento

Gesù, Tommaso e le parole di Primo Mazzolari: “Quando non c’è più ragione di sperare incomincia la speranza…”

di Rocco D’AMBROSIO 

Siamo deboli e limitati, siamo molto come Tommaso e, alcune volte, non lo siamo. È  la vita. Dovremmo accettarci come siamo e non temere: Dio lavora anche sui nostri dubbi, come su quelli di Tommaso.

Il Vangelo odiernoLa sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome
 (Gv 20, 19-31).

Suscita una comune e diffusa simpatia l’atteggiamento di Tommaso: non crede nel Risorto finché non lo tocca. È un credente, ma ha bisogno di conferme. E noi? Lo stesso, Quante conferme abbiamo chiesto nella nostra vita? Tante, tantissime… in amore, come sul lavoro, in famiglia come in gruppo o in società: abbiamo più volte chiesto che fossero confermati sentimenti, promesse, accordi, fiducia, progetti e via discorrendo. Crediamo che Dio parli, si manifesti, intervenga nella storia, salvi… ma spesso siamo a corto di conferme! Non manca la nostra fede, ma è molto piccola e spesso in crisi.

Come quella di Tommaso: “Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo»”.

La conferma che lui cerca è fisica: toccare, verificare e riconoscere l’identità del Cristo attraverso segni tangibili. Credere sulla parola è, da che mondo è mondo, un’opera molto difficile. Tommaso non fu molto diverso da quello che oggi siamo noi. Noi avremmo fatto esattamente lo stesso: non credere alla parola degli amici, soprattutto quanto questi ci avessero riferito di un’apparizione e, per giunta, del Maestro! Eppure Tommaso è di più di noi. Forse noi avremmo continuato anche a dubitare anche nei confronti del Cristo, lì vivo e presente, forse anche nel momento in cui ci stesse mostrando mani e fianco trafitti. Forse no. Comunque voglio dire che è naturale richiedere segni di presenza, quasi dimostrazioni. Del resto Gesù non disdegna di apparire otto giorni dopo e di aiutare l’incredulità di Tommaso. Tuttavia c’è un momento in cui bisogna smettere di dubitare e credere, accettare l’evidenza, fare un salto e buttarsi… nelle mani di chi si mostra.

Ci sono molti momenti nella vita in cui ci arrendiamo davanti a quello che ci viene mostrato e cambiamo idee, sentimenti e prassi. Magari dopo aver dubitato e anche tanto. Nessun panico. Siamo deboli e limitati, siamo molto come Tommaso e, alcune volte, non lo siamo. È la vita. Dovremmo accettarci come siamo e non temere: Dio lavora anche sui nostri dubbi, come su quelli di Tommaso.

Non si tratta solo di pregare – attività necessaria e indispensabile – perché il Signore ci faccia crescere nella fede e avere meno dubbi, ma anche di dialogare, arricchirci reciprocamente e fare discernimento insieme: cosa ci vuole insegnare il Signore qui e ora? Che senso hanno le guerre e le violenze a cui assistiamo? O la corruzione e la malpolitica? O il disprezzo dei poveri e degli stranieri, veicolato dal fascismo galoppante? O tanti problemi seri in cui ci imbattiamo?

La mia fede mi aiuta a superare le paure che ne derivano? La mia fede mi spinge ad aiutare chi ha di meno in termini di salute, assistenza e risorse economiche? Sto diventando più aperto agli altri e caritatevole, specie verso gli ultimi? Sono come Tommaso pronto a buttarmi nelle braccia del Risorto e dirgli: “Mio Signore e mio Dio!”

Ho sempre trovato di grande profondità le parole di Primo Mazzolari: “Soltanto nella virilità si comincia ad avere un volto. (…) Quando non c’è più ragione di credere, allora incomincia la fede: quando non c’è più ragione di sperare incomincia la speranza: due virtù che appaiono tali solo sui quarant’anni, quando credere e sperare non son più un fatto istintivo della nostra esuberanza di vita. S’incomincia a credere quando non c’è più nessun trasporto di fede, quando credere è davvero l’unica cosa che buona che ci è rimasta”.

 

Rocco D’AMBROSIO   (www.rocda.it) è presbitero della diocesi di Bari, ordinario di Filosofia Politica nella Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Gregoriana di Roma. Tra gli ultimi suoi saggi: Come pensano e agiscono le istituzioni (2011), Ce la farà Francesco? La sfida della riforma ecclesiale (2016, tradotto in portoghese, spagnolo e inglese); con F. GIANNELLA, La corruzione: attori e trame (2018); Formare alla politica. L’esperienza di Cercasi un fine (Magma – Cuf 2020), con R. CRISTIANO, Siamo tutti della stessa carne. Dialogo su “Fratelli tutti” tra un cattolico e un agnostico (Castelvecchi editore 2020); Il potere. Uno spazio innquieto, Castelvecchi, Roma 2021, in spagnolo El poder. Uno espacio fragil, CEPROME-PPC, Ciudad de Mexico 2021. Si occupa di formazione sui temi di etica politica e pubblica, collaborando con diverse istituzioni civili ed ecclesiali; presiede l’Associazione Cercasi un fine, impegnata nella formazione politica e nell’accoglienza di migranti (www.cercasiunfine.it).
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