Il Giornale del Salento

Sotto il mese di maggio: proverbi e consuetudini

In questo mese il sole è sempre più frequentemente in cielo e la temperatura registra un graduale aumento che favorisce la crescita dei fiori, dei frutti e del frumento; tuttavia è possibile che si verifichino giornate fredde e, in proposito, vige il detto: mangiara le cerase sutta llu focalire, mangiarono le ciliegie dinanzi al focolare.

Normalmente: de san Catàutu esse lu friddu e trase lu càutu, di san Cataldo (10 maggio) esce il freddo ed entra il caldo. Con l’allungarsi delle giornate si sente la necessità del riposo pomeridiano: santu Nicola (6 maggio) lu minte e santu Ronzu (26 agosto) lu llea, san Nicola lo mette e sant’Oronzo lo toglie.

La pioggia, com’è noto, è sempre benefica alla campagna; guai, però, se dovesse essere incessante perché rovinerebbe soprattutto il grano che sta per maturare: a màsciu nna lumbata ci uei bbegna nna bona annata, a maggio una pioggia abbondante se vuoi che sia una buona annata (raccolto del grano); ale chiui nn’acqua te masciu e de aprile ca la carrozza cu tutte le tire, vale più la pioggia di maggio e di aprile che la carrozza con tutti i cavalli che la tirano.

 Il mese, la cui origine etimologia è incerta e non si è ancora chiarito se derivi dal dio Maius, alternativa di Giove, o da Maia, dea della Terra, è dedicato alla Madonna. Secondo alcune regole impartite da san Filippo Neri e, successivamente, da Annibale Dionisi, per tutto il mese l’immagine della Vergine si orna di fiori e si compiono atti di virtù, di mortificazione, di devozione in casa o nei luoghi di lavoro, si recitano preghiere e si osservano “fioretti”.

Quale Santo invocare di Rossella BARLETTA

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