Il Giornale del Salento

“Gente tossica”: come riconoscerla e scappare a gambe levate

Un interessante articolo pubblicato su Focus.it ci insegna come difenderci dalla gente considerata sovente ‘tossica’. Non ci rimane che la rassegnazione: ce n’è almeno uno in ogni gruppo, in ogni famiglia, in ogni compagnia. L’importante è saperli riconoscere in tempo per mettere in atto le difese necessarie, o per scappare a gambe levate. Parliamo dei vampiri delle emozioni, uomini e donne che appaiono del tutto normali, ma che in realtà sembrano avere un unico scopo nella vita: rovinare la nostra.

La psicologa americana Lillian Glass, esperta di linguaggio del corpo, li ha definiti “gente tossica” e li ha catalogati in dieci categorie, suggerendo per ciascuna le contromisure più adatte. Di seguito l’elenco con dettagli.

1. IL SOCIOPATICO. È l’individuo tossico più pericoloso, anche perché all’inizio fa un’ottima impressione, dato che vi dice tutto ciò che volete sentire. Privo di scrupoli, incapace di assumersi responsabilità, il sociopatico mente senza esitazioni per raggiungere i suoi scopi: non lo preoccupano né i sentimenti né i diritti altrui. E nemmeno il buonsenso, visto che è capace di contraddirsi non appena gli fa comodo. Vanaglorioso e pieno di sé, ripete in continuazione la parola “io”, ma il modo migliore per riconoscerlo è fissarlo bene in faccia: non muove un muscolo, non esprime emozioni. Anche perché non ne prova affatto. La miglior difesa? Una fuga immediata.

3. L’ARROGANTE PRESUNTUOSO. A questa categoria tossica appartengono persone superbe vanagloriose e pedanti, convinte di essere sempre nel giusto e di fare inevitabilmente le scelte migliori. Hanno sempre la risposta pronta, su qualunque argomento, e arrivano a imparare a memoria una serie di frasi a effetto solo per sfoderarle al momento giusto e apparire brillanti e migliori degli altri. Accolgono invece le opinioni altrui con supponenza. La loro frase tipica è: “Ne sei proprio sicuro?”. Sono despoti intellettuali. Soltanto le loro opinioni sono importanti e ogni espediente è buono per mantenere viva l’attenzione altrui mentre pontificano. E se sono costretti ad ascoltare fanno smorfie, sospirano, scuotono la testa con falsa discrezione. Sul lavoro fanno ogni sforzo per convincere gli altri di essere indispensabili, ma la loro convinzione di essere infallibili li porta a sbagliare spesso. Incoraggiati nelle loro errate convinzioni, si fanno del male da soli: un buon grado di autostima è positivo e utile per fare carriera, ma oltre un certo livello rende ciechi ai propri errori. Finché non è troppo tardi. Chi continua a guardare gli altri, anziché esaminare i propri risultati, può diventare nocivo.

4. IL PETTEGOLO MALDICENTE. È un supertossico, specializzato nel creare malcontento nell’ambiente di lavoro. Con le sue indiscrezioni può compromettere professionalmente anche i colleghi più competenti, e senza averne alcun vantaggio: il maldicente si realizza nel sentirsi ascoltato e la sua massima ambizione è sapere tutto di tutti. Proprio per questo, però, non esita a esagerare ciò che crede di sapere o anche a inventarlo di sana pianta. È abilissimo infatti nel condire una falsità con un’enorme quantità di dettagli noti, o comunque attendibili, fino a renderla credibile. L’unica difesa è tenersene lontano e non raccontargli mai nulla: entreremmo nella sua rete di bugie piccole e grandi, mescolate a confidenze che prima o poi il pettegolo renderà pubbliche senza alcun rimorso. Resta da dire che quasi tutti noi partecipiamo alla diffusione dei pettegolezzi, quantomeno per commentarli. Un po’ di autocritica è utile per non diventare tossici a nostra volta.

5. IL CAPO AUTORITARIO. In una relazione di lavoro, il capo ha ogni diritto di dire ai suoi subordinati che cosa si aspetta da loro, e di criticare i loro risultati se lo ritiene necessario. In alcuni casi, però, si trasforma in un despota che trae piacere nell’imporre la propria volontà e si sente legittimato a umiliare chi lavora alle sue direttive. È a questo punto che diventa una persona tossica. Gli autoritari mantengono il controllo ispirando timore e sono capaci di trasformare in un insopportabile fardello quello che agli occhi dei loro sottoposti potrebbe apparire un progetto interessante e coinvolgente. Spesso questi individui tossici si manifestano all’improvviso, quando finalmente ottengono l’agognata dirigenza: fino a un attimo prima la loro tossicità era quasi insospettabile. Nei casi peggiori, odiano quelli che ritengono inferiori e boicottano chi si mette in luce perché non sopportano di essere superati. Arrivano addirittura a infiltrarsi nel tempo libero dei loro impiegati, a insultarli e a minacciarli per rafforzare il proprio dominio. Lavorare per loro può essere un’autentica calamità. La difesa viene dalla legge che ha ormai riconosciuto il reato di mobbing.

6. IL MEDIOCRE. La mollezza e l’immobilismo sono comportamenti altamente contagiosi, per cui non sottovalutate questa tipologia di individui tossici. Se vi convincessero a vedere la vita dal loro punto di vista, potreste anche finire per trascinarvi al lavoro sempre più demotivati in una nube di depressione. Benché in genere facciano danni soprattutto a se stessi, i mediocri possono avvelenare anche i caratteri più aperti e vitali, contagiandoli. La soluzione? Ricordare sempre che la scelta dei nostri compagni di strada dipende solo da noi.

7. IL VITTIMISTA. Sprizza negatività da ogni poro, è convinto che il mondo sia un posto terribile e si crogiola nella propria sfortuna senza fare nulla per cambiare le cose. Il suo livore verso il mondo è così intenso e martellante da contagiare chi lo sta ad ascoltare, ma c’è di peggio: ha un’eccezionale abilità nel far sentire gli altri (cioè noi) colpevoli della sua situazione disperata. Se bevono troppo o si drogano, è un po’ anche colpa nostra. Ma state tranquilli: non è affatto così.

8. L’AGGRESSIVO VERBALE. La sua violenza psichica crea danni non inferiori ai maltrattamenti fisici. Sardonici, offensivi, intimidatori, gli aggressivi verbali hanno come primo scopo, in una discussione, quello di far sentire l’interlocutore inadeguato, debole, incapace. Perfino il loro colorito rossastro appare bellicoso, così come il tono di voce sempre roboante. Tentare di ragionare con loro è tempo perso: anche se un giorno lodassero la vostra arguzia, il giorno dopo – proprio quando vi sentite più tranquilli – potrebbero lanciarvi la frecciata più feroce. Consolatevi: le persone tossiche di questo tipo non sanno stabilire relazioni durevoli, e finiscono soli e abbandonati da tutti.

9. L’UMILIATORE. È tra le categorie tossiche più odiose: l’umiliatore gode nello sminuire le sue vittime, destabilizzandole emotivamente. Si finge amico, sostiene di volervi aiutare, in realtà raccoglie informazioni sui vostri difetti per potervi mettere in cattiva luce agli occhi altrui. Indossa costantemente una maschera e mostra la sua vera faccia solo quando raggiunge una posizione di netto vantaggio su di voi. A questo punto potrà anche arrivare all’insulto esplicito. Un tossico di questo calibro va tenuto d’occhio con attenzione, anche perché le continue frecciate possono creare un senso di inferiorità che vi metterebbe ancor di più nelle mani dell’umiliatore: se riesce a condizionare la vostra vita con le sue prese di posizione, potreste perfino arrivare a convincervi che lo fa a vostro vantaggio.

10. IL NEVROTICO. Molti individui tossici potrebbero essere definiti “cattivi”. Non i nevrotici, che danneggiano contemporaneamente gli altri e se stessi, senza alcun motivo. Si pongono di continuo obiettivi irraggiungibili e se vi siete associati con loro pretenderanno altrettanto da voi. Il loro perfezionismo sfocia spesso nella mania di controllare tutto ciò che li circonda, persone comprese, ricorrendo di continuo al ricatto degli affetti. Già, perché i nevrotici non sono cattivi, anzi: vorrebbero piacere a tutti in modo quasi infantile. Fantasiosi e autosufficienti, non ascoltano i consigli altrui ma sono prontissimi a elargire il loro aiuto, che deve seguire però le loro regole. I peggiori tra loro sono i supertossici castratori, quelli che ti aiutano soltanto per poter pronunciare la fatidica frase: “Con tutto quello che ho fatto per te, è così che mi ripaghi?”.

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