Il Giornale del Salento

Il caos dentro e attorno a noi

È risaputo che, attraverso le parole, ognuno di noi esprime il proprio pensiero il quale scaturisce dalla forma mentis. Questa consente di barcamenarci, di mantenerci a galla e di non essere travolti dalle opinioni e dalle osservazioni degli altri, spesso divergenti dalle nostre e segnalateci con veemenza. Evitiamo di non soggiacere alle forme di dispotismo subdolo o sfacciato.

Servirsi delle parole non vuole dire soltanto dare un nome proprio alle cose, ma definire più o meno correttamente sentimenti, stati d’animo, sensazioni che possono albergare dentro di noi.

A volte usiamo le parole con disinvoltura, altre volte con cautela. Alcune sono così abituali e consuete che quasi le consumiamo per la frequenza con cui le ripetiamo, ignorando che potremmo sostituirle con più calzanti sinonimi. Altre, invece, ci incutono soggezione o repulsione. E le respingiamo. Il più delle volte ciò vuole dire che, quasi certamente, non conosciamo il corretto significato e, quindi, che ignoriamo l’étymos, l’etimologia, che si interessa della nascita delle parole, e, propriamente, del vero, del reale, del genuino.

Gli etimi servono a non restare sopraffatti, a non restare senza parole.

Per comprendere il valore profondo della parola, aiuta immaginare che quando l’uomo primordiale riuscì ad articolare la prima, poté attribuire un significato e un’identità a ciò che lo circondava. Questo, in sintesi, fu il presupposto che, consentendo di muovere un meccanismo cerebrale, gli permise di elaborare a mano a mano un pensiero, un’idea, una percezione, un ragionamento. Accadde, insomma, qualcosa di magico. Che nel tempo mostrò la sua praticità e la sua indispensabilità.

Il conio di tante e poi ancora tante parole permise, ovviamente, di mettere ordine all’originario disordine universale e di assegnare un nome a ciò che prima si trovava nel più totale anonimato. Com’è facile intuire, l’ordine influì positivamente sullo spirito in quanto le indicazioni verbali permisero all’uomo di non vivere più in un innominabile e doloroso spaesamento. In una parola in un caos o chaos alla latina, ovvero in un disordine estremo, contenuto in alcuni vocaboli come, per tutti, confondere ossia fondere insieme, ottenuto dall’unione del prefisso con più fundere, versare. Tutto lascia ipotizzare un miscuglio di ingredienti, versati in una pentola e messi a cuocere sul fuoco, con un risultato imprevedibile, dal sapore dubbio.

La medesima immagine si può trasferire quando abbiamo la testa confusa, assimilabile alla sopracitata pentola dove bollono, senza criterio né logica, pensieri, richiami, ricordi, sensazioni, emozioni, rancori, a cui non siamo in grado di dare un ordine…di cottura, anzi, vivendo una sensazione di disorientamento e di inquietudine psico-fisica.

Nel linguaggio colloquiale odierno, il termine confusione o caos è sostituito (impropriamente) con casino, termine che identifica la casa di appuntamento o di tolleranza o di piacere (il lupanare di antichissima memoria) che, non vorrei sbagliare, per quanto vivacemente frequentata dai più diversi avventori, aveva una sua organizzazione interna. Non foss’altro perché una confusione nella gestione dei turni delle prostitute e dei clienti sarebbe risultata rovinosa per gli incassi.

Pertanto, caos e casino, sono due vocaboli che non vanno confusi per i loro inequivocabili significati.

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