di Cristiana DOBNER
La proclamazione del dogma dell’Assunta nel 1950 suscitò commenti variegati, a favore e a sfavore, ritenendo che i cattolici aderissero a favole o leggende, con molto sapore di polemica.
Carl Jung se ne stupì, riproponendo un suo pensiero e, a suo modo, se ne rallegrò perché dopo le tragedie provocate dalla Seconda Guerra mondiale giungeva un segno di speranza: “Dopo tanta offesa alla dignità umana, dopo tante e profonde ulcerazioni, la sconfessione quasi del sigillo divino impresso sul volto degli esseri umani, l’immagine di Maria glorificata, partecipe della vittoria del Figlio sulla morte, definitivamente e immediatamente gloriosa, sembra un antidoto alle brutture e mostruosità delittuose ancora vive nella memoria di quanti le hanno subite e di quanti le hanno avallate”.
Tuttavia, il piano era solo psicanalitico e proponeva un archetipo mentre la tradizione cristiana propone in Maria una persona viva e ricorda testimonianze antiche ed ancorate nella eco di secoli credenti.
San Gregorio di Tours (538 ca.-594), tramanda: “Quando la beata Vergine, avendo completato il corso della sua esistenza terrena, stava per essere chiamata da questo mondo, tutti gli apostoli, provenienti dalle loro differenti regioni, si riunirono nella sua casa. Quando sentirono che essa stava per lasciare il mondo, vegliarono insieme con lei. Ma ecco che il Signore Gesù venne con i suoi angeli e, presa la sua anima, la consegnò all’arcangelo Michele e si allontanò. All’alba gli apostoli sollevarono il suo corpo su un giaciglio, lo deposero su un sepolcro e lo custodirono, in attesa della venuta del Signore. Ed ecco che per la seconda volta il Signore si presentò a loro, ordinò che il sacro corpo fosse preso e portato in Paradiso”.
Giovanni Paolo II dopo secoli non ha esitato, direttamente o indirettamente, a schierarsi per la realtà della Vergine Assunta, con un aspetto di questo mistero che ci tocca profondamente quando ci chiediamo quale possa essere il ruolo di Maria una volta raggiunta una simile meta: “Assunta alla gloria celeste Maria si dedica totalmente all’opera della salvezza per comunicare ad ogni vivente la felicità che le è stata concessa. È una Regina che dà tutto ciò che possiede, partecipando soprattutto la vita e l’amore di Cristo”.
Maria quindi diventa quella Madre che vede e considera il nostro percorso di pellegrini dal traguardo, dalla Luce che tutto illumina e a cui dona un senso. Il progetto di salvezza che l’Altissimo, sempre creante, dona nella storia trova in lei un appoggio e una sicurezza indefettibile che si riversano su di noi. Infatti fin dal XVII correva un detto: “Come una pietra preziosa nell’anello si muove al movimento dell’anello, così Maria fissa in Dio e nel cielo è tuttavia velocissima a obbedire al cenno divino e a soccorrere i miseri”.
Un’obbedienza che si coniuga con la velocità, spesa a nostro favore, anche perché spesso la nostra richiesta di aiuto è impellente, urgente.
Noi miseri viandanti ma felici di poter pulsare gioiosi dinanzi alla bellezza di questa festa, ci affidiamo a lei facendo nostra l’invocazione di Jacopone da Todi, ben certi con il suo aiuto di poterla seguire e di giungere anche noi lassù:
Canti gioiosi et dulce melodia
Tutti gridiamo all’umile Maria!
L’umile Maria sopra li cieli è gita,
l’angel fan festa en quella eterna vita;
tutti s’inchina, tutti a onor s’invita
a la Regina di gran cortesia…
o Maria dolce, o clemente, o pia
o ringraziata in tanta compagnia,
chi non ti lauda, smarrita ha la via
di pervenire all’alta salmodia.