Dal 2 al 15 settembre, al chiostro dei Carmelitani, si conclude l’itinerario relativo a Il Salento di Annabella Rossi. La ricerca visiva sul tarantismo e oltre, progetto a cura di Vincenzo Santoro, realizzato in collaborazione fra Museo delle Civiltà, Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale e Polo Biblio-museale di Lecce nella ricorrenza del quarantesimo anniversario della scomparsa della studiosa.
Si tratta di una mostra itinerante tra Lecce, Montesano Salentino, Ruffano e Nardò, che ripercorre il lavoro di ricerca dell’antropologa e fotografa nel Salento, accordando significativo rilievo alla documentazione – fotografica, filmica e sonora – concernente la terapia domiciliare del tarantismo, espressione sia coreutica che musicale. In particolare, seguendo l’orchestrina capitanata da Luigi Stifani, violinista-barbiere neretino, in casa di una giovane donna tarantata che prende nome di Maria nella miliare monografia che fu l’esito dell’indagine sul campo condotta da Ernesto de Martino (con immagini del 1960) e nella dimora di un tarantato nel 1978, in quella che risulta una delle ultime coerenti testimonianze di un rito giunto alla sua fase terminale.
Annabella Rossi è nata nel 1933 a Roma, città dov’è scomparsa nel 1984. La documentazione intorno a cui si articola la mostra restituisce materiali di ricerca raffinati e appassionanti, testimonianza di come, pioneristicamente, l’uso della macchina fotografica e della ripresa video e sonora siano stati un elemento integrale e caratterizzante del mestiere dell’antropologo e dell’indagine sul campo nelle esplorazioni etno-antropologiche in Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale. Un mestiere che consegna un ineguagliato fondo archivistico composto di documenti sonori, fotografici e cinematografici realizzati e raccolti dalla studiosa: parte delle Collezioni di Arti e Tradizioni Popolari del Museo delle Civiltà e oggetto di ricerca da parte dall’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale, questi archivi vengono restituiti al pubblico “con l’intento di “tornare a vedere” o “vedere per la prima volta”, ma in entrambi i casi con gli occhi del nuovo millennio, persone, paesaggi, contesti e situazioni irrimediabilmente dissolti dai mutamenti della contemporaneità o imprevedibilmente sopravvissuti nell’impercettibile radicamento del rito, del ricordo, del fare quotidiano”. Il progetto è quindi l’esito delle pratiche di indagine di Annabella Rossi e della sua riflessione sul ruolo e la funzione della ricerca antropologica nello studio delle culture meridionali italiane, ma ne propone anche un’esperienza radicata nelle sensibilità e nelle istanze della contemporaneità.