CAVALLINO (LECCE) Una tradizione che ha radici lontane, in un passato in cui la storia sfuma in una leggenda, ancora viva, che ha catturato il cuore della comunità cavallinese, la memoria di un evento intreccio di fede e devozione, che continua nel tempo con la stessa forza e la stessa autenticità di sentimenti del passato.
Anche quest’anno come ogni prima domenica di maggio a Cavallino, Caddrinu nel dialetto salentino, un paese che dista circa 7 Km da Lecce, oltre che importante stazione archeologica di epoca messapica, si festeggia la Madonna del Monte, fortemente sentita dalla pietà popolare.
La parola festeggiamento sembrerebbe inadeguata in un momento in cui la ormai nota e temuta emergenza dà l’avvio alla fase due del contenimento del Covid-19, che impone ancora limiti di di celebrazioni liturgiche e di movimento se non con autocertificazioni prestabilite.
Eppure Cavallino onora la sua compatrona, con un rito che ha colori, toni, suoni diversi ma che nulla tolgono al significato storico e religioso di questa ricorrenza.
Non ci saranno luminarie, bancarelle, concerti bandistici, né il tradizionale pellegrinaggio verso la cappella del cimitero, una processione lunghissima e affollatissima che unisce in un forte senso di appartenenza la comunità. Non mancheranno, però, le note e le parole dell’Inno a Maria Ss. del Monte composto nel secolo scorso dal maestro Vincenzo Coniglio Gallo e la messa concelebrata dall’arcivescovo Michele Seccia e dal parroco di Cavallino don Alberto Taurino.
Un momento di preghiera, che nonostante le distanze, unisce in un caldo abbraccio non virtuale ma concreto di devozione per la Madonna del Monte. Un abbraccio che viene da lontano, la storia di un culto raccontato e ricordato da un bassorilievo realizzato da Giuseppe Manzo nel 1921, noto maestro cartapestaio del tempo e custodito nella Chiesa matrice, una leggenda che ci porta alla suggestiva scoperta del Salento.
Dal ritrovamento da parte di un pastorello del luogo di un’icona di matrice bizantina raffigurante una Madonna che regge sulle ginocchia un Gesù bambino sorridente, alla costruzione della prima semplice cappella nel punto più alto della campagna dedicata appunto alla Madonna del Monte che col tempo andò in rovina. Nel 1629 circa fu costruita una nuova cappella per volere del marchese don Francesco Castromediano e per desiderio della moglie donna Bice.
Il 26 luglio 1776 all’interno della chiesetta accadde un fatto straordinario, descritto nella pala sopra l’altare di destra: si tratta di una pittura ad olio eseguita da Luigi Tondi di Lecce, raffigurante un fulmine che dal foro della fune della campana scaricò nel tempio sacro durante la celebrazione di una messa, facendo stramazzare a terra i presenti terrorizzati: tutti salvi tranne un cagnolino che aveva seguito la sua padrona: fu considerato il miracolo della Madonna, che aveva protetto il suo popolo. Verso la metà del XX secolo fu costruito il cimitero comunale nelle vicinanze del santuario che divenne anche cappella del cimitero.
Sulla porta murata nel lato sinistro della cappella, nell’architrave esterna, si trova incastrato un concio di pietra rinvenuto nelle vicinanze e recante un’ iscrizione in caratteri bizantini, che parla di una chiesa di Maria Vergine, chiamata Teotokos, cioè Madre di Dio.
Non si conoscono le origini precisi di questo concio, così come dell’icona bizantina ritrovata dal giovane pastore, ma quell’incisione e quell’immagine ci “ri-portano” a Maria, la Madre di Dio, nel passato come oggi, nella continuità di una pietà popolare che segna la storia religiosa della nostra terra, sempre viva al di là del tempo, dei tempi e delle pandemie.