Ricordiamo Giuseppe Ungaretti, scomparso nel 1970, attraverso una delle sue tante meravigliose poesie attraverso il quale il poeta inventò uno stile nuovo, delicatamente visivo, paragonabile al linguaggio delle arti visive.
La notte tra il primo e il 2 giugno 1970 ci lasciava Giuseppe Ungaretti.
Ai suoi funerali erano assentii i rappresentanti dello Stato Italiano. Eppure Ungaretti rappresenta uno dei tre più noti poeti ermetici con Eugenio Montale e Salvatore Quasimodo
Non ebbe mai il premio Nobel per le sue poesie. Eppure i manuali scolastici lo inseriscono trai i più alti poeti italiani. Non solo: Giuseppe Ungaretti risulta il poeta del Novecento più conosciuto dai giovani e il più citati da Fratelli a San Martino del Carso agli altri testi che si tramandano a memoria. Da non dimenticare Ed è subito sera, spesso presente nelle prove d’esame.
Pagina dopo pagina, riportiamo alla memoria del cuore i versi di un uomo e di un poeta che a 50 anni dalla sua morte ‘ci illumina ancora d’immenso’.
Giugno
È il mese dei prati
erbosi e delle rose;
il mese dei giorni lunghi e
delle notti chiare.
Le rose fioriscono nei
giardini, si arrampicano
sui muri delle case. Nei
campi, tra il grano,
fioriscono gli azzurri
fiordalisi e i papaveri
fiammanti e la sera
mille e mille lucciole
scintillano fra le spighe.
Il campo di grano ondeggia al
passare
del vento: sembra un mare
d’oro.
Il contadino guarda le messi e
sorride. Ancora
pochi giorni e raccoglierà il
frutto delle sue fatiche.