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venerdì, Luglio 26, 2024

La produzione di biogas mediante digestione anaerobica di biomasse

Da Leggere

Salvatore Francioso
Salvatore Francioso
Funzionario del Servizio Tutela e Valorizzazione Ambiente Provincia di Lecce

Negli ultimi vent’anni la digestione anaerobica delle biomasse per la produzione di biogas si è diffusa in molti paesi europei, come anche in Italia.

Questi impianti vengono realizzati allo scopo di produrre energia rinnovabile, mediante la combustione del biogas (metano) prodotto, di controllare le emissioni maleodoranti (la digestione anaerobica è una trasformazione biologica a ciclo chiuso) e di stabilizzare le biomasse prima del loro utilizzo agronomico (rendendole incapaci di una ulteriore degradazione, con conseguente produzione di cattivi odori).

In Italia diversi provvedimento legislative hanno incentivato la autoproduzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (Certificati Verdi), tra cui anche gli impianti di biogas di piccola taglia in assetto cogenerativo, di potenza inferiore a 1 MWe.

L’evoluzione della politica ambientale, a seguito della Conferenza di Kyoto sulla riduzione dell’inquinamento atmosferico da gas serra (di cui il metano è uno dei principali), ha accentuato l’attenzione sul recupero del biogas.

Ne deriva l’utilità di potenziare e di razionalizzare i sistemi che sfruttano processi di co-digestione anaerobica di biomasse di varia natura, quali fanghi di depurazione, biomasse di origine zootecnica e agroindustriale e le frazioni organiche derivanti dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani.

Si ritiene che il mondo agricolo possa essere interessato alle opportunità che il coincidere di problematiche, quali l’effetto serra, la valorizzazione degli scarti organici, la richiesta di un maggior contributo di energie rinnovabili, sta facendo emergere.

In particolare, il settore zootecnico, può rappresentare la forza motrice per lo sviluppo su larga scala della digestione anaerobica, come è già avvenuto in Germania e in Danimarca.

Gli incentivi in tal senso, sono molti: un miglioramento della “sostenibilità ambientale” degli allevamenti, una integrazione di reddito dall’energia verde, una riduzione dei problemi ambientali legati alle emissioni in atmosfera e agli odori, una migliore utilizzazione agronomica degli elementi fertilizzanti presenti nei liquami.

Infine, anche alla luce del fatto che i trattamenti dei rifiuti a bassa emissione di gas serra assumeranno importanza sempre maggiore in futuro, si ritiene che l’integrazione dei processi anaerobici ed aerobici nel trattamento dei rifiuti organici sarà una linea guida nella costruzione di nuovi impianti e nel potenziamento di impianti già esistenti.

La digestione anaerobica

La digestione anaerobica è un processo biologico complesso per mezzo del quale, in assenza di ossigeno, la sostanza organica viene trasformata in biogas, costituito principalmente da metano e anidride carbonica.

La percentuale di metano nel biogas varia a secondo del tipo di sostanza organica digerita e delle condizioni di processo, da un minimo del 50% fino all’80% circa.

Affinchè il processo abbia luogo è necessaria l’azione di diversi gruppi di microrganismi in grado di trasformare la sostanza organica in composti intermedi, principalmente acido acetico, anidride carbonica ed idrogeno, utilizzabili dai microrganismi metanigeni che concludono il processo producendo il metano.

I microrganismi anaerobi presentano basse velocità di crescita e basse velocità di reazione e quindi occorre mantenere ottimali, per quanto possibile, le condizioni dell’ambiente di reazione.

Nonostante questi accorgimenti, i tempi di processo sono relativamente lunghi se confrontati con quelli di altri processi biologici; tuttavia il vantaggio del processo è che la materia organica complessa viene convertita in metano e anidride carbonica e quindi porta alla produzione finale di una fonte rinnovabile di energia sotto forma di un gas combustibile ad elevato potere calorifico.

L’ambiente di reazione, definito solitamente reattore anaerobico, per consentire la crescita contemporanea di tutti i microrganismi coinvolti, dovrà risultare da un compromesso tra le esigenze dei singoli gruppi microbici.

Il pH ottimale, ad esempio, è intorno a 7,00 – 7,50.

La temperatura ottimale di processo è intorno ai 35 °C, se si opera con i batteri mesofili, o intorno a 55 °C, se si utilizzano i batteri termofili.

Le tecniche di digestione

Le tecniche di digestione anaerobica possono essere suddivise in due gruppi principali:

  • digestione a secco (dry digestion), quando il substrato avviato a digestione ha un contenuto di solidi totali (ST) ≥ 20%;
  • digestione a umido (wet digestion), quando il substrato ha un contenuto di ST ≤
    10%.

Il processo di digestione anaerobica è anche suddiviso in

  • processo monostadio: le fasi di idrolisi, fermentazione acida e metanigena avvengono contemporaneamente in un unico reattore;
  • processo bistadio: il substrato organico viene idrolizzato separatamente in un primo stadio, ove avviene anche la fase acida, mentre la fase metanigena avviene in un secondo stadio.

Un’ulteriore suddivisione dei processi di digestione anaerobica può essere fatta in base al tipo di alimentazione del reattore, che può essere continua o in batch, e in base al fatto che il substrato all’interno del reattore venga miscelato o scorra sequenzialmente attraversando via via fasi diverse (plug flow).

La digestione anaerobica può, inoltre, essere condotta o in condizione mesofile (circa 35°C) o termofile (circa 55°C); la scelta tra queste due condizioni determina in genere anche la durata (il tempo di residenza) del processo. Mediamente in mesofilia si hanno tempi di residenza compresi nel range 14-30 giorni, mentre in termofilia il tempo di residenza è in genere inferiore ai 14-16 giorni.

Il rendimento in biogas e quindi energetico del processo è molto variabile e dipende dalla biodegradabilità del substrato trattata.

I composti polimerici ad alto peso molecolare, carboidrati, grassi e proteine, vengono frammentati in sostanze più semplici, zuccheri, glicerolo, acidi grassi e amminoacidi, quindi trasformati in acidi carbossilici volatili, in ammine e ammoniaca, in alcoli, in mercaptani e acido solfidrico e, infine, in metano e anidride carbonica.

Il biometano prodotto dalla fermentazione anaerobica di biomasse viene immesso nella rete, dopo essere stato separato dal biogas, in un processo che elimina le impurità e la quota di anidride carbonica, che rappresenta circa un 30% del volume totale.

La diffusione della digestione anaerobica in Europa

In Europa la diffusione della digestione anaerobica è incominciata nel settore della stabilizzazione dei fanghi di depurazione.

Attualmente la digestione anaerobica è considerata una delle tecnologie migliori per il trattamento delle acque reflue industriali ad alto carico organico.

Numerosi sono anche i digestori anaerobici operanti su liquami zootecnici, in particolare in Germania, Italia, Danimarca, Austria e Svezia. .

La Svezia sicuramente è il paese al mondo più avanzato per quel che riguarda l’impiego di biometano, derivato da fanghi fognari, da discariche di Rifiuti Solidi Urbani, da rifiuti agroindustriali e da fonti agricole.

Negli ultimi anni sta crescendo l’utilizzo della digestione anaerobica (compostaggio) nel trattamento della frazione organica raccolta in modo differenziato dei rifiuti urbani (FORSU), in miscela con altri scarti organici industriali, con biomasse di origine vegetale (sfalci di potature, triticale) e con liquami zootecnici (co-digestione).

In Italia, alla fine degli anni ottanta, si è andata diffondendo una nuova generazione di impianti di biogas semplificati, a basso costo, realizzati sovrapponendo una copertura di materiale plastico ad una vasca di stoccaggio dei liquami zootecnici.

La quasi totalità degli impianti è localizzata nelle regioni del nord, Lombardia, Emilia-Romagna e Trentino Alto Adige, ed operano soprattutto con liquame suino.

Poiché le deiezioni animali rappresentano circa il 90% delle circa 1200 milioni di tonnellate di biomassa prodotta annualmente nei paesi dell’Unione Europea, è opportune mettere in evidenza il contributo della digestione anaerobica alla riduzione delle emissioni di gas serra dalle attività agricole, in particolare zootecniche.

Le attività agricole rappresentano una fonte significativa di emissione di gas serra, in particolare metano e protossido di azoto. Le emissioni di metano derivano sia dai processi digestivi sia dalla degradazione anaerobica delle deiezioni animali (emissioni derivanti dalla gestione delle deiezioni). Tali emissioni sono generalmente diffuse, non vengono captate per essere sfruttate, e sfuggono verso gli strati alti dell’atmosfera contribuendo a danneggiare lo strato protettivo di ozono.

Pertanto, lo sfruttamento delle deiezioni e dei reflui zootecnici per una produzione di biometano evita anche la diffusione incontrollata di gas climalteranti.

D’altro canto, attraverso la combustione del biometano, si produce energia da fonte rinnovabile, accoppiando il motore a combustione interna alimentato a metano ad un generatore di energia elettrica.

Il sistema integrato anaerobico/aerobico

La digestione anaerobica sta ottenendo sempre maggiore attenzione tra le tecnologie per il trattamento dei rifiuti solidi organici ed ha invogliato, in particolare in questi ultimi anni, sempre più i progettisti ad esaminare le possibili integrazioni dei due processi al fine di ottimizzarne i rispettivi pregi e minimizzarne gli svantaggi.

I principali vantaggi e svantaggi dei due processi possono essere così sintetizzati:

VANTAGGI

  • la digestione anaerobica produce energia rinnovabile       (biogas) a fronte del compostaggio aerobico che consuma energia;
  • gli impianti anaerobici sono in grado di trattare tutte le tipologie di rifiuti organici indipendentemente dalla loro umidità, a differenza del compostaggio aerobico, che richiede un certo tenore di sostanza secca nella miscela di partenza;
  • gli impianti anaerobici sono reattori chiusi e quindi non vi è rilascio di emissioni gassose maleodoranti in atmosfera, come può avvenire durante la prima fase termofila del compostaggio aerobico;

SVANTAGGI

  • nella digestione anaerobica si ha acqua di processo in eccesso, che necessita di uno specifico trattamento, mentre nel compostaggio aerobico le eventuali acque di percolazione possono essere ricircolate come agente umidificante sui cumuli in fase termofila;
  • gli impianti di digestione anaerobica richiedono investimenti iniziali maggiori   rispetto a quelli di compostaggio;
  • la qualità del digestato, in uscita dalla digestione anaerobica, comporta un uso agronomico diverso rispetto al compost aerobico.

L’integrazione dei due processi (trattamento di digestione anaerobica seguito da trattamento di digestione aerobica) può portare dei notevoli vantaggi, in particolare:

  • si migliora il bilancio energetico dell’impianto, in quanto nella fase anaerobica si ha la produzione di un surplus di energia, rispetto al fabbisogno dell’intero impianto;
  • si controllano meglio e con minori costi i problemi olfattivi: le fasi odorigene sono gestite in reattore chiuso e le “arie esauste” sono rappresentate dal biogas (utilizzato e non immesso in atmosfera);
  • il digestato è un materiale semi-stabilizzato, di conseguenza il controllo degli impatti olfattivi, durante il post-compostaggio aerobico, risulta più agevole;
  • si riduce l’emissione di CO2 in atmosfera.

Tutte le lavorazioni che possono produrre esalazioni moleste sono collocate in ambienti confinati, mantenuti in depressione da un sistema di aspirazione, che invia l’aria a biofiltri in grado di rilasciarla in atmosfera “pulita”.

La fase attiva del compostaggio aerobico avviene in un capannone chiuso dove sono previsti rivoltamenti periodici del material mediante sistemi automatici e insufflazione di aria ricca di ossigeno dal pavimento.

Il post-compostaggio aerobico della frazione solida unita a ramaglie avviene in un capannone coperto, con ricambio d’aria, mentre la maturazione e la raffinazione si svolgono in arie all’aperto.

L’integrazione dei due processi di digestione, anaerobica + aerobica, consente di conseguire tre obiettivi:

  1. lo smaltimento di rifiuti speciali non pericolose di natura organica sia liquidi che solidi;
  2. la produzione di energia elettrica e di energia termica mediante l’utilizzazione del biogas prodotto nel cogeneratore associate all’impianto;
  3. la produzione di ammendante agricolo.

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