Uno dei personaggi più diffusi e noti del presepe è il pastore. Tra i pastori che popolavano il presepe del passato e in particolare della nostra terra salentina non poteva mancare lu Sciulièsciu, il Silvestro che il popolo leccese con la propria fantasia aveva elevato al rango di Santo confondendolo con l’ultimo santo del calendario che ha dato il nome alla notte di Capodanno, San Silvestro I, 33° pontefice.
Mentre tutti i pastori portavano un dono, una forma di formaggio, frutta, pane o altro lu Sciulièsciu – così come precisa Rossella Barletta in “Presepe popolare salentino. Credenze riti e tradizioni” – non portava nulla ed era tradizionalmente raffigurato con un fagotto sulle spalle, che rappresentava il passato e con lo sguardo a mirare le stelle alla ricerca della stella cometa: infatti secondo la tradizione è considerato il primo pastore che ha scorto da lontano la stella cometa. Una stella unica, luminosa e splendente, attraversava il cielo notturno con una chiara determinazione. Gli occhi del pastorello furono pieni di stupore e il suo cuore pervaso da una sensazione di serenità e meraviglia: quella luce non era comune, ma recava con sé un significato speciale. Il passaggio dal buio alla luce, dalla solitudine ad un incontro con un Bambino che ha cambiato la storia dell’umanità.