Al Prof. Prodi non piace l’idea che i leader di partito siano capolista nelle prossime elezioni europee. L’ex premier non gradisce le candidature multiple, che considera un “vulnus” del sistema democratico.
I malpensanti leggono questo messaggio come uno stop alla segretaria del Pd Elly Schlein.
Certo, la possibilità che Elly si candidi come rimorchio per il rinnovo dell’Europarlamento è reale, probabilmente nella misura in cui è ipotizzabile la discesa in campo della premier Giorgia Meloni, perché lo sanno tutti che Elly non sopporta Giorgia.
Per quanto riguarda gli altri leader di partito, da Salvini a Conte, da Tajani a Fitto, eccettuato Renzi, tutti hanno già fatto un passo indietro.
Calenda, approfittando delle dichiarazioni di Prodi, coglie l’occasione per chiedere “un accordo complessivo” con gli altri partiti per non schierare i leader. Sta di fatto, fuor di ideologia politica, che all’Europarlamento non dovrebbe candidarsi chi è già parlamentare nazionale o chi ricopre cariche di governo. Si tratterebbe solo di un gesto di sana responsabilità. Così la pensa anche Tajani, il quale esprime esplicitamente ogni sua “perplessità sulla possibilità di una candidatura, perché quando si è ministri si rischia distogliere l’attenzione dall’attività di governo“. Nessuno scandalo se si fa campagna elettorale, incalza Tajani, “è già successo in passato più volte. La mia preoccupazione è di non poter dedicarmi al 100% all’attività di governo”.
Elly Schlein, invece, a chi le chiedeva cosa avesse intenzione di fare ha risposto: “Aspetto prima di capire se si può costruire una lista aperta alla società civile”. In pratica, Elly parla quando non deve parlare e tace quando non deve tacere. A quanto pare, però, da indiscrezioni fuoriuscite dal suo entourage, la segretaria non vuole mollare, nonostante le voci contrarie sempre più numerose che vanno affermandosi nel suo partito.
Quale sarà la sua preoccupazione della segretaria: “il voto di protesta e l’astensionismo” di cui ha parlato nel convegno di celebrazione di David Sassoli in Campidoglio o, più verosimilmente, quella che rappresenta la sua più scoppiettante idea persecutoria, oramai divenuta una sfida personale, ossia quella di “fermare l’onda nera” in Europa?
Probabilmente l’ultima, perché se Giorgia Meloni si candidasse, con la sua attuale carica di Presidente dei Conservatori e Riformisti Europei, ogni voto ricevuto rafforzerebbe l’Ecr Party in Europa e questo la “povera” Schlein non lo sopporterebbe. L’avanzata nera potrebbe continuare e lei ne soffrirebbe tantissimo.
Fatto sta che alle prossime elezioni dell’Europarlamento rischiamo di assistere allo scontro Meloni-Schlein, in uno scenario da fare invidia al film “Heat-La sfida” di Michael Mann, dove il Tenente Vincent Hanna (nel film Al Pacino, nella realtà Giorgia Meloni) alla fine ha la meglio su Neil Mc Cauley (nel film Robert De Niro, nella realtà il PD), che viene ucciso a causa della immotivata impulsività del nuovo arrivato, Waingro (nel film Kevin Cage, nella realtà Elly Schlein), il quale, sin dal suo arrivo, riesce a mettere in difficoltà la squadra di Mc Cauley.
Si profilerebbe alle urne “La sfida” tra la vera leader, quella del partito di governo e la segretaria dell’ormai partitino d’opposizione in Parlamento.