“Il governo Meloni sta rischiando di svendere asset strategici pubblici di questo Paese. Noi siamo contrari” (Ansa).
Lo ha detto la segretaria del PD, Elly Schlein, classe 1985, parlando delle privatizzazioni di cui si discute in questi giorni al Governo.
Certo non si può darle una colpa. Le privatizzazioni non sono argomento semplice. O le si vive o le si studia. Lei né l’una, né l’altra. Per viverle era troppo piccola, per studiarle troppo grande.
Dice di aver ritrovato un volantino della giovane Meloni che non condivideva le privatizzazioni, ma la sua conoscenza storica si ferma alla Meloni di qualche anno fa, non arriva al 1991, anno in cui, come dice il Prof. Sabino Cassese, uno dei più importanti giuristi viventi, fu emanato il decreto legge n. 309/1991 (mai convertito) contente la prima norma generale di privatizzazione.
La sua memoria non arriva nemmeno al 1999, quando il suo “amico” Prodi, insieme a Ciampi, non certamente di destra, attuarono la strategia di privatizzazione di Telecom Italia che “il Professore” definì “la madre di tutte le privatizzazioni”, mentre al Governo c’era Massimo D’Alema, al suo primo Governo, anche lui, se non erro, non certamente di destra.
Ricordo ancora le parole di Paul Samuelson, premio Nobel per l’economia, dai cui manuali hanno studiato metà dei miei colleghi, in una intervista rilasciata al quotidiano “La Stampa”, intervistatore Andrea di Rohilarsi, inviato a Washington: “Guai a chi rischia troppo: … sono scommesse”.
Samuelson se la prendeva con le banche d’affari americane senza le quali la più piccola Olivetti non avrebbe mai potuto comprare la più grande Telecom. Il premio Nobel paragonò l’operazione italiana a vere e proprie scommesse e la definì “figlia della stessa filosofia che c’era dietro all’esplosione dei grandi Hedge-funds americani” di quegli stessi anni, “alcuni dei quali si lanciarono in acquisti spericolati esponendosi in maniera eccessiva pur di assicurarsi ritorni fino al 150%. E poi hanno passato un sacco di guai”.
Ma la Schlein non ricorda nemmeno il decreto Bersani sulla liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica, al Governo sempre D’Alema, né il decreto Letta che, invece, liberalizzava il mercato del gas, al Governo Giuliano Amato.
Così come non si ricorda di GS Autogrill venduto al gruppo Benetton e da questo venduto ai francesi di Carrefour GS ad un prezzo dieci volte superiore, né di Autostrade Spa, ancora in mano ai Benetton.
Per non parlare delle banche di interesse nazionale come la Banca Commerciale Italiana, il Credito Italiano e il Banco di Roma.
E lei continua a parlare del volantino della Meloni.
Certo ci vuole un bel coraggio.