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venerdì, Novembre 22, 2024

Noi e i diversi: toccare per amare, per prendere cura e per comunicare

Da Leggere

di Rocco D’AMBROSIO

Un’autentica pedagogia ci aiuterebbe a collegare continuamente gesti, parole e pensieri, emozioni. Troveremmo così come sanare molte lacerazioni interiori. Diventeremmo così un po’ più sereni e autentici.

Il Vangelo odiernoIn quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». 
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte 
(Mc 1,40-45 – VI TO/B).

“Tese la mano, lo toccò”. Non c’è niente di scontato in questo gesto di Gesù. Tradizioni, prescrizioni, pregiudizi bloccavano – e bloccano – anche i più pii nell’andare incontro a un lebbroso. Ma non vale solo per i lebbrosi. Vale per tutti quelli che sono diversi, lontani, stranieri, nel disagio fisico o spirituale. Toccare per essere vicino. Toccare per comunicare. Toccare per aver cura. Toccare per amare. E in questi tempi di individualismo e chiusura crescenti dobbiamo interrogarci molto sul loro significato.

Papa Francesco, nella “Fratelli tutti” dice che per realizzare la fraternità abbiamo bisogno «di gesti fisici, di espressioni del volto, di silenzi, di linguaggio corporeo, e persino di profumo, tremito delle mani, rossore, sudore, perché tutto ciò parla e fa parte della comunicazione umana» (n. 43). Ed esprime una critica severa ai «rapporti digitali, che dispensano dalla fatica di coltivare un’amicizia, una reciprocità stabile e anche un consenso che matura con il tempo, hanno un’apparenza di socievolezza» (n. 43). Una fraternità di carne e di mente, sani!

Di epoca in epoca, di cultura in cultura, di religione in religione farsi prossimo, vicino, sensibilmente vicino è sempre una fatica. Dovremmo fermarci un po’ a meditare quanto in Gesù la salvezza non è mai solo legata a parole o riferimenti interiori, è anche fisica. Ciò aiuta a non spiritualizzare il messaggio evangelico e, al tempo stesso, ci riporta a considerare quanto Dio opera nella nostra vita, che è sempre realtà corporea, razionale ed emotiva; nessuna dimensione senza l’altra. 

Il lebbroso guarito, nel suo corpo-mente-emozioni, non sta nella pelle e disubbidisce. Gesù indica solo un passaggio rituale: presentarsi dal sacerdote e offrire una testimonianza pubblica, comunitaria dell’evento vissuto. “Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto”. Potrebbe d’essere diversamente? Chi ha fatto un’esperienza così piena di incontro può tenerlo per sé? Ciò non vale solo per l’incontro con il Cristo, ma vale per ogni esperienza qualificante o salvifica o piena o coinvolgente, o come dir si voglia.

Il lebbroso fu “toccato” per essere inviato. Le parole vanno accompagnate sempre da i gesti e più profonde sono più hanno bisogno di… tatto! Si dovrebbe pensare continuamente a una educazione dei gesti, a ogni età, in ogni circostanza. Dobbiamo imparare ricollegare parole e gesti, come dice la Arendt, per ritornare a essere autentici, non solo in politica ma in ogni ambiente di vita

Torniamo a contemplare questa mano di Gesù che si tende per toccare. Pensiamo non solo alla sua spontaneità, ma anche alla fatica dei suoi discepoli nel capirlo e magari imitarlo. Un’autentica pedagogia ci aiuterebbe a collegare continuamente gesti, parole e pensieri, emozioni. Troveremmo così come sanare molte lacerazioni interiori. Diventeremmo così un po’ più sereni e autentici.

Rocco D’Ambrosio (www.rocda.it) è presbitero della diocesi di Bari, ordinario di Filosofia Politica nella Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Gregoriana di Roma. Tra i suoi saggi: Come pensano e agiscono le istituzioni (2011), Ce la farà Francesco? La sfida della riforma ecclesiale (2016, tradotto in portoghese, spagnolo e inglese); con F. GIANNELLA, La corruzione: attori e trame (2018); Formare alla politica. L’esperienza di Cercasi un fine (2020); Il potere. Uno spazio inquieto (2021), in spagnolo El poder. Uno espacio fragil (2021); C’è sempre un dopo. Riflessioni sul post pandemia e la guerra in Ucraina (2023). Si occupa di formazione sui temi di etica politica e pubblica, collaborando con diverse istituzioni civili ed ecclesiali; presiede l’Associazione Cercasi un fine, impegnata nella formazione politica e nell’accoglienza di migranti (www.cercasiunfine.it).

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