Tradotto nella lingua italiana il termine latino modus è così straordinariamente ricco di adattamenti che diventa difficile farne una scelta e si rischia di fare torto ai significati non esaminati, altrettanto interessanti. Intanto mi soffermo sul sostantivo “modo”, molto comune e altrettanto usato.
È sinonimo di comportamento, condotta, maniera oltre che misura, limite, confine, regola e così via. In ciascuna voce aleggia il senso della giusta quantità, dell’equilibrio e della continenza, del rispetto delle regole, dell’osservazione dei confini (più morali che fisici) e dei doveri civici perché tutto funzioni. Termini contrari sono l’eccesso, l’esagerazione, la sregolatezza, l’incontentabilità. Questi ultimi sentimenti sono frutto di un processo educativo sbagliato? Lo stabiliremo, semmai, al termine di questa riflessione.
Nell’oceano delle opinioni, si osserva che i poeti riconoscono nell’amore l’arcinemico di qualunque modus. L’amore è, appunto, smodato, non vuole costrizioni e restrizioni. Rompe perfino l’ordine della natura. […] L’amore non si può trattare logicamente, è contraddizione, sproposito, e via dicendo. Talvolta, il senso dell’amore è travisato.
L’aggettivo modernus nasce da modus, uno degli elementi più universali dell’italiano parlato, benché si tenda a sentirlo nel Centro e nel Sud: mo’ per i leccesi e i salentini, per esempio, ha un valore temporale, come se volessero dire adesso, ora: mo’ ene, mo’!, adesso viene, ora!; mo’ mo’, or ora; mo’ mo’ aggiu spicciatu te cucenare, or ora ho smesso di cucinare; mo’ à benire, ora devi venire, subito! Sono espressioni tipiche della parlata popolare, comprensibile se pronunciate col giusto tono.
Di fianco a queste tipiche locuzioni, si apre un ventaglio di derivati di modus, tra cui modulo, modello, comodo da cui dipende l’imprevista esistenza di parole inglesi: commodity, bene di consumo, e airplan mode, modalità aereo, quella funzione dei dispositivi elettronici che disattiva la ricezione di onde radio.
Vi è poi la forma med-, alternativa alla radice mod- da cui nascono i verbi medeor e meditor; il primo significa “io provvedo”, “io curo”, mentre meditor vuole dire “io medito” e “io modulo”. Uno compensa, integra l’altro raggiungendo, talvolta, un obiettivo comune. La radice med- indica riflessione, pensiero mirato. È quello che sto cercando di fare, invitando chi legge a fare altrettanto ossia a riflettere.
Rimango entro i confini di medeor e, quindi, su di un piano materiale, pratico; escludo, questa volta, quello intellettivo.
In questo periodo di urgenza sociale ovvero di difficoltà economiche per molte famiglie italiane, tra cui quelle leccesi e sparse nella provincia, per persone sole o ai margini della società, vi sono fornai, panettieri, ristoratori, pizzaioli e anche supermercati ben contenti di donare le eccedenze alimentari da distribuire ai sopraccennati, altrimenti si vedono costretti a gettarle nella spazzatura. Pertanto, ciascuno di loro, inconsapevolmente, può “provvedere”, “curare” così gli altri! Dietro al gesto quanto mai umanamente nobile, di profonda solidarietà, mi piace pensare che ci sarà senz’altro un movimento collettivo per non farlo cadere nell’indifferenza. Ecco allora che il cerchio sorto attorno alla radice mod- si chiuderebbe perfettamente.
Passando all’atto pratico gli anzidetti benefattori sentono la necessità di un apposito circuito che si prenda carico di ritirare sistematicamente le eccedenze alimentari. Attualmente a queste provvidenziali risorse alimentari attingono alcune (poche) associazioni di volontariato. Se ci fosse un coordinamento o un’organizzazione attenta a quest’azione di mutuo soccorso, i suoi benefici raggiungerebbero un numero maggiore di persone. O che queste parole sollecitino a fare rete. Me lo auguro!
E, anche questa volta, si è scovata la connessione etimologica tra modus e attualità, tra modus e beneficenza alias altruismo e generosità, dando così consistenza a un termine e mettendo in pratica…un modo di dire!
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