È tutto scritto nel Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) dell’Istat. Nel 2023 continua l’aumento del numero di occupati tra i 20 e i 64 anni (+ 404.000 unità, + 1,8% rispetto al 2022) ed il tasso di occupazione raggiunge il 66,3% (+ 1,5% rispetto al 2022), superando di 2,7 punti percentuali quello del 2019.
La crescita più forte è tra le donne (+ 1,6%, + 1,3% tra gli uomini) e nel Mezzogiorno (+ 1,7%, rispetto a + 1,4% al Nord e + 1,2% al Centro) rispetto al 2022. In particolare il tasso di occupazione è aumentato tra gli ultracinquantacinquenni (+ 2,3%) e tra i 25-34enni (+ 2%) superando, per questi ultimi, di oltre il 5% i livelli prepandemici.
Rimane “inalterato” il dislivello occupazionale “tra le donne (25-49 anni) con almeno un figlio tra 0 e 5 anni e quelle senza figli: il tasso di occupazione aumenta per entrambe (rispettivamente + 1,1% e + 0,9%) e il rapporto tra i due indicatori resta sostanzialmente stabile a 73,0 (un valore dell’indicatore pari a 100 indicherebbe l’uguaglianza tra i due tassi)”. Globalmente, osserva l’Istat, “si guarda al futuro con maggiore ottimismo se si è occupati (il 37,5% dice che la propria vita migliorerà) e, in particolare, se si è dirigenti, imprenditori, liberi professionisti, direttori, quadri, impiegati”, tuttavia, rimarca il documento, “anche tra chi è in cerca di nuova occupazione gli ottimisti sono il 37,7%”.
Sale la speranza di vita a 83,1 anni nel 2023, in aumento rispetto al 2022 (82,3). Un dato con cui si recupera quasi del tutto il livello del 2019 (83,2 anni): in particolare, gli uomini con 81,1 anni di vita media attesa tornano allo stesso livello del 2019, mentre per le donne (85,2 anni) mancano ancora 0,2 anni (85,4 nel 2019).
Cattive notizie, invece, sul fronte della salute: “La speranza di vita in buona salute nel 2023 è pari a 59,2 anni e si riduce rispetto ai 60,1 anni del 2022”, si precisa nel rapporto, e “tale riduzione ha riportato l’indicatore quasi al livello del 2019 (58,6 anni), ridimensionando l’incremento anomalo verificatosi tra il 2020 e il 2022 dovuto alla componente soggettiva, per effetto della più diffusa percezione di condizioni di buona salute in tempi di pandemia”. Nel 2021, nella Penisola, “il tasso di mortalità per tumori della popolazione adulta di 20-64 anni è pari a 7,8 per 10.000 residenti e si è ridotto rispetto a quanto osservato nel 2020 (8,0 per 10.000 residenti)”.
Tuttavia, “si osservano disuguaglianze socioeconomiche anche per la mortalità per tumori della popolazione adulta, con uno svantaggio che aumenta al diminuire del livello di istruzione”, e “sono più marcate nei maschi, dove gli individui meno istruiti hanno una mortalità 2,1 volte maggiore dei più istruiti, nelle femmine tale rapporto scende a 1,4”.
Inoltre, aumentano le persone che rinunciano a visite mediche ed esami. Sono stati circa 4,5 milioni nel 2023 i cittadini che hanno dovuto rinunciare a visite mediche o accertamenti diagnostici per problemi economici, di lista di attesa o difficoltà di accesso, il 7,6% della popolazione, in aumento rispetto al 7,0% del 2022 e al 6,3% del 2019, probabilmente per recupero delle prestazioni sanitarie differite per il Covid-19 e difficoltà a riorganizzare efficacemente l’assistenza sanitaria.
Secondo i dati c’è un raddoppio della quota di chi ha rinunciato per problemi di lista di attesa (da 2,8% nel 2019 a 4,5% nel 2023), mentre rimane stabile la rinuncia per motivi economici (da 4,3% nel 2019 a 4,2% nel 2023), anche se in aumento rispetto al 2022: + 1,3% in un solo anno. Torna inoltre ai livelli pre-Covid l’emigrazione ospedaliera extra-regione: Basilicata, Calabria, Campania e Puglia sono le regioni con maggiori flussi in uscita non compensati da flussi in entrata; in Sicilia e Sardegna, sebbene l’indice di emigrazione ospedaliera sia contenuto, è molto superiore all’indice di immigrazione ospedaliera.
Risulta in continuo aumento la quota di anziani assistiti in Assistenza domiciliare integrata (Adi), dal 2,9% nel 2019 al 3,3% nel 2022, ma resta una forte variabilità territoriale: dal 3,8% nel Nord-est al 2,6% al Sud. Se si considera anche l’assistenza residenziale, rimane il Nord-est l’area con la maggiore presa in carico di anziani fragili (6,2% nel 2021) e il Sud con quella più bassa (2,8% nel 2021).