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giovedì, Novembre 7, 2024

Galatina, Basilica di Santa Caterina d’Alessandria: gioiello del Salento

Da Leggere

GALATINA (Le) Considerata un gioiello dell’architettura gotica, paragonata da alcuni per i suoi cicli pittorici alla basilica di San Francesco d’Assisi, definita da altri la ‘Cappella Sistina del Sud’ la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria di Galatina  è, senza alcun dubbio, un prezioso  scrigno d’arte caratterizzato da diversi  stili architettonici dal romanico al gotico, dal normanno al bizantino.

Si ritiene che il complesso architettonico sia stato realizzato per intero, eccetto la cappella funeraria di Giovanni Antonio Orsini del Balzo, tra il 1369 e il 1391, per volontà di Raimondello Orsini del Balzo.

Si narra che Raimondo di ritorno dalle crociate, si spinse sino alla sommità del Monte Sinai per rendere omaggio al corpo di santa Caterina.  La leggenda racconta che, nel ripartire, baciò la mano della santa, strappandole il dito con i denti, portando con sé la reliquia che, incastonata in un reliquiario d’argento, è ancora custodita nel tesoro della Chiesa. L’edificio, alla morte di Raimondello avvenuta nel 1405, sarà completato dalla moglie, la principessa Maria d’Enghien, e poi dal figlio, Giovanni Antonio Orsini Del Balzo.

 La Basilica fu costruita da  competenti maestranze locali: difatti non solo i dettagli della decorazione scultorea sono rispondenti alla tradizione regionale, ma soprattutto le linee della costruzione trovano numerose corrispondenze nell’area della Puglia meridionale. Tra le tante costruzioni basti ricordare la Chiesa abbaziale di San Nicola di Casole ad Otranto, la Chiesa di San Giovanni Battista a Lecce, voluta da Giovanni D’Aymo e le tante chiese gotiche di Lecce e di tutto il Salento travolte poi dall’impeto ricostruttivo dell’età rinascimentale e barocca.

Gioiello di architettura nel Salento, la facciata gotica della Basilica ha la forma di un trittico, con tre cuspidi, di cui quella centrale più alta. Lo schema sembrerebbe richiamare esempi del gotico italiano di Siena e di Orvieto, ma anche tratti del Duomo di Napoli. Contemporaneamente però la facciata ha evidenti legami con la tradizione romanica locale. Difatti, a differenza alle tipiche facciate gotiche, ha un accentuato sviluppo orizzontale, suddiviso nella parte bassa in cinque sezioni, dove oltre ai tre portali sono presenti “ben quattro oculi o rosoncini, allineati orizzontalmente”.

 Sono evidenti, agli occhi degli esperti,  anche alcune irregolarità: “mentre nella sezione centrale la cuspide, il rosone e il portale sono perfettamente centrati, nelle sezioni laterali i portali sono fuori asse. L’anomalia si spiega alla luce della struttura interna, in cui la grande navata centrale non comunica direttamente con le navate laterali, ma è affiancata da corridoi voltati”.

Il rosone in pietra leccese, simile ad  un prezioso ricamo nella pietra,  è caratterizzato da una ruota ad dodici raggi, al centro della quale c’è un oculo con una vetrata: l’originale è custodito nel tesoro della Basilica. Il rosone è incorniciato da due ghiere concentriche e un archivolto decorati da tralci finemente traforati.

L’interno custodisce un affascinante  cuore gotico, a cinque navate che terminano tutte con un’abside e con le due intermedie adibite ad ambulacri.

“Insolito e senza termini di paragone” è considerato lo spazio che costeggia la navata maggiore: “le navate destra e sinistra sono separate da quella centrale da due bassi corridoi voltati, a cui si accede direttamente dai portali laterali della facciata”.

È per gli esperti un impianto unico, singolare, che lascia spazio ad interrogativi alcuni ancora senza risposta. La particolarità o ‘stranezza’ della pianta ha fatto desumere che Raimondo si trovasse di fronte ad un edificio preesistente, fatto poi modificare: “cioè che non abbia fondato la chiesa, ma l’abbia solo ampliata e dotata di un convento e ospedale”.

L’interno,  interamente affrescato per volere della principessa Maria d’Enghien, che nel Quattrocento chiamò i migliori artisti napoletani di scuola giottesca  per realizzare i preziosi  cicli pittorici paragonati a quelli della meravigliosa Basilica di Assisi, lascia sbalorditi e quasi senza fiato non appena si varchi la soglia della basilica.

I dipinti, realizzati nella prima metà del quattrocento, lungo i 2.500 metri quadri della superficie, sono suddivisi in sei cicli: dell’Apocalisse della prima campata, della Genesi sulle pareti della seconda, ecclesiologico sulla volta della seconda campata, cristologico sulle pareti e angelologico sulla volta della terza campata, agiografico sulle pareti e volta del presbiterio e mariologico sulla pareti e sulla volta della navata minore destra. Di altrettanta meraviglia sono, oltre questi cicli pittorici, la rappresentazione delle Virtù e i dipinti del coro e nell’abside.

Il 31 gennaio 1934 l’Arcivescovo Mons. Cornelio Sebastiano Cuccarollo dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, decreta di erigere “in Persona Morale Canonica la Chiesa di ‘Santa Caterina’ in Galatina (Lecce) come soggetto capace di diritti e di doveri secondo le attribuzioni canoniche, a norma della vigente legislazione ecclesiastica”. Tale decisione fu presa in quanto la chiesa “molto cara alla pietà dei fedeli, è centro di culto e di formazione cristiana e, perciò meta di numerosi fedeli che quotidianamente rendono omaggio alla Santa titolare e a San Francesco d’Assisi”.

La Parrocchia viene eretta il 31 marzo 1936 con Decreto Arcivescovile, col titolo di Santa Caterina d’Alessandria, decreto riconosciuto agli effetti civili il 21 settembre 1944.

La custodia  della Basilica è affidata, da sempre, alla cura della  Comunità religiosa dei Frati Minori di Galatina della Provincia dell’Assunzione di Maria Vergine di Lecce.

Certo è che non sono sufficienti poche battute per ‘raccontare’ la bellezza di tale gioiello, incastonato nel centro storico di Galatina, una Bellezza di altri tempi, con colori e profumi che colpiscono  lo sguardo e… ‘segnano’ lo spirito. Ed è lì, in attesa di essere visitata e vissuta.

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