Il Giornale del Salento

Santi Pietro e Paolo: icone di fede e cultura popolare nel Salento

Su san Pietro esistono numerosissime leggende, secondo le quali fu il primo cristiano ad approdare in Puglia, dopo il lungo percorso iniziato ad Antiochia, al fine di evangelizzare la popolazione e proseguire alla volta di Roma, mèta finale dove avrebbe concluso la sua esistenza.

Una prova del suo passaggio sono sia le chiese e i monasteri dedicatigli, sia l’intitolazione di alcuni centri di Terra d’Otranto, come San Pietro in Bevagna (Taranto), San Pietro in Galatina, San Pietro in Lama, e sia alcuni segni lasciati durante il suo lungo peregrinare, tra cui la pietra custodita nella Matrice di Galatina sulla quale san Pietro si sarebbe riposato.

Secondo la tradizione i centri salentini dove si può riscontrare maggiormente il suo passaggio sono Otranto e Leuca; nel primo caso fu edificata una chiesa benché di impianto greco; nel secondo la testimonianza è rappresentata da una croce “petrina”, collocata nel luogo dove il santo avrebbe incontrato la popolazione locale.

Fuori da queste sottigliezze etimologiche, nel Salento san Pietro è presente in molte cose; per esempio, in suo onore si è denominata una qualità di pera dalla forma a campanello, conosciuta come “pera di san Pietro”, dialettale petruscina, che matura intorno al 29 giugno.

Com’è nello spirito di questo lavoro ci interessa collegare la data del 29 giugno a un evento, ad una previsione meteorologica, ad un’espressione tipica, a qualcosa che diventa segno memoriale da non sottovalutare.

In questo giorno a Maglie scadevano i contratti di affitto delle abitazioni e il mancato saldo poteva provocare lo sfratto delle stesse, come conferma la locuzione: tutti li santi èggianu vvinire, san Pietru e Ppàulu cu nu vvègnane mai!, tutti i santi devono venire, san Pietro e Paolo che non vengano mai!

Alle espressioni popolari si deve aggiungere qualche leggenda, ormai del tutto sbiadita, con la quale si voleva evidenziare un tratto della personalità di qualcuno, come l’avarizia e la superbia, che caratterizzavano soprattutto la madre di san Pietro, condannata all’inferno per una serie di peccati, tra cui pare che il più grave fosse la superbia.

Tra le filastrocche popolari salentine che accompagnavano i giochi dei bambini, si registrano le seguenti:

Santu Pietru tignusu tignusu                     San Pietro tignoso tignoso

pe scuppetta pigghiau lu fusu.                   per schioppo prese il fuso.

Santu Pietru aìa na figghia                       San Pietro aveva una figlia

se chiamaa Petrunilla.                              si chiamava Petronilla.

Era mescia te talaru                                  Era maestra di telaio

carta, pinna e calamaru.                           carta, penna e calamaio.

San Paolo è collegato al fenomeno del tarantismo il cui epicentro è stato Galatina dove, nella cappella dedicatagli, si radunavano le tarantate, le quali si placavano in seguito a un rituale coreutico e cromatico.

Di questo rituale, dei suoi nascosti traumi esistenziali e del suo sistema terapeutico, si sono interessati moltissimi e autorevoli studiosi e scrittori, recenti e meno recenti, i quali hanno apportato interessanti contributi al saggio ritenuto il più rappresentativo, la pietra miliare del fenomeno, La terra del rimorso (1961) di Ernesto De Martino.

A san Paolo si attribuiva la protezione sui rettili, documentati da modi di dire proverbiali, canzoni di accompagnamento al ballo dei tarantati e diverse invocazioni. Nella locuzione seguente, invece, vi è un tono canzonatorio:

Ncora hai bidìre lu serpe e chiami santu Paulu!, ancora devi vedere il serpente e chiami san Paolo!

 

Quale Santo invocare di Rossella BARLETTA

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