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domenica, Marzo 9, 2025

“Ricordati, uomo, che polvere tu sei e in polvere ritornerai” (Gen 3,19)

Da Leggere

di Luca Santoro 

La cenere, il cui significato originale è molto discusso, benché l’utilizzo di essa sia  diffuso nella maggior parte delle antiche religioni, viene spesso associata alla polvere (i  Settanta traducono più di una volta “polvere” con cenere) e simboleggia, al tempo stesso, il  peccato e la fragilità dell’uomo. 

Il cuore del peccatore, in un primo tempo, è similare alla cenere. Il grande profeta  Isaia, infatti, definisce l’idolatria un «amatore di ceneri» (Is 44,20) e il Sapiente dice di lui:  «Cenere, il suo cuore! Più miserabile della polvere, la sua vita!» (Sap 15,10). 

Per questo il salario del peccato non può che essere cenere: gli orgogliosi si vedranno  «ridotti in cenere sulla terra» (Ez 28,18) e i malvagi saranno calpestati come cenere dai giusti  (Ml 3,21). 

D’altronde il peccatore che, anziché ostinarsi nel proprio orgoglio, prende coscienza  della sua colpa, confessa di non essere che «polvere e cenere» (Gen 18,27). Ma questo stesso simbolo di penitenza serve anche ad esprimere la tristezza  dell’uomo annientato dalla sventura, indubbiamente perché si suppone un nesso tra la  sventura ed il peccato. 

Il figlio del patriarca Giuda, Tamar è disprezzato pertanto si copre di cenere (2Sam  13,19). 

L’uomo intende, così mettere in luce la condizione a cui è stato ridotto (Gb 30,19) e  arriva sino a cibarsi di cenere (Sal 102, 10). 

«Coprirsi di cenere» significa, dunque, ‘mettere in atto una specie di Confessione  pubblica mimata’ (cfr. La liturgia del Mercoledì delle Ceneri): attraverso il linguaggio di  questa materia inanimata che ritorna in polvere, l’uomo si riconosce peccatore e fragile,  prevenendo in tal modo il giudizio di Dio e attirandosi alla Sua Misericordia. 

Per colui che confessa la propria nullità, risuona la promessa del Messia che ha  trionfato sul peccato e sulla morte: «consolare gli afflitti e donar loro, in luogo di cenere, un  diadema» (Is 61,2).

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