Una domanda che spesso mi viene rivolta è la seguente: si pagano le tasse sulle donazioni o sui prestiti tra familiari? Ebbene, sì! Anche sul denaro ricevuto in regalo si pagano le tasse, ma solo in determinati casi e solo se si superano certi importi (quelli della cosiddetta franchigia).
Sui soldi in regalo si applica la cosiddetta imposta sulle donazioni che vale per il denaro, ma anche per qualsiasi altro bene regalato, come una casa, un certificato di deposito, un gioiello, una vacanza). I più esperti sanno che anche un fondo patrimoniale o un trust sono soggetti all’imposta sulle donazioni.
L’imposta sulle donazioni varia in base a due parametri:
• il grado di parentela tra donante e donatario
• il valore del bene oggetto di donazione che in alcuni casi è soggetto a una franchigia.
In particolare, nel caso di donazione:
- di soldi tra padre e figlio (anche adottivo), nonno e nipote, moglie e marito o tra soggetti dello stesso sesso legati da unione civile: l’imposta sulla donazione scatta solo se i soldi regalati superano 1 milione di euro (cosiddetta «franchigia»). In tal caso, sulla parte eccedente il milione si applica un’imposta pari al 4%;
- tra fratelli e sorelle: l’imposta sulla donazione scatta solo se i soldi regalati superano 100 mila euro. In tal caso, sulla parte eccedente i 100 mila euro si applica un’imposta pari al 6%;
- tra parenti fino al 4° grado, affini in linea retta e affini in linea collaterale fino al 3° grado: l’imposta sulla donazione è pari al 6% senza franchigia, quindi su tutta la somma;
- tra amici e altri soggetti non legati da alcun vincolo: l’imposta sulla donazione è pari all’8%, anche qui senza franchigia;
- in favore di persone con handicap riconosciuto un base alla legge 104: l’imposta si paga solo se l’importo supera 1,5 milioni di euro. L’aliquota è il 4%, 6% o 8% a seconda del grado di parentela che lega il donante al donatario come nei punti precedenti.
Riepilogando quanto sopra in una tabella le ipotesi risulteranno molto più chiare:
Soggetti beneficiari Franchigia Aliquota
Coniuge e i parenti in linea retta (genitori e i figli,
i rispettivi ascendenti e discendenti in linea retta,
gli adottanti e gli adottati, gli affiliati e gli affilianti) € 1.000.000 4%
Fratelli e sorelle € 100.000 6%
Altri parenti fino al 4° grado, affini in linea retta e
affini in linea collaterale fino al 3° grado – 6%
Altri soggetti – 8%
Persona portatrice di handicap ex L. 104/1992 € 1.500.000 4%, 6% o 8% secondo il grado di parentela (come sopra).
Il calcolo della franchigia non viene fatto sulla base della singola donazione ma su tutte quelle intervenute, nel corso della vita, tra donante e donatario. Essa, infatti, spetta una sola volta per ciascun beneficiario in rapporto alle donazioni ricevute dallo stesso soggetto.
Si ribadisce che le donazioni di valore inferiore alla franchigia per le quali non si applica l’imposta sulle donazioni, sono registrate gratuitamente presso l’Agenzia delle Entrate, non essendo dovuta nemmeno l’imposta di registro in misura fissa.
Le donazioni che non vengono mai tassate sono le seguenti:
- quelle di modico valore in denaro o in altri beni mobili o immobili;
- le spese di mantenimento, educazione, abbigliamento, matrimonio;
- le aziende o rami di aziende, le quote sociali e le azioni, se fatte nei confronti dei figli o dei genitori o del coniuge;
- le auto o le moto: tutte le donazioni che hanno ad oggetto veicoli iscritti al Pra non scontano l’imposta.
Ma attenzione! Se un familiare, sia egli padre, madre, fratello, sorella, nonno, zio, ecc., convivente o non convivente, ci regala una somma di denaro e si ha intenzione di spenderla tutta in una volta per comprare un bene di valore (un gioiello, un’auto, una vacanza, un cellulare, ecc.), è necessario prendere alcune precauzioni per evitare che, dopo qualche anno, l’Agenzia delle Entrate possa chiederci con quali soldi si è sostenuta quella spesa. Secondo il Fisco, infatti, nessuno può permettersi di comprare un bene “non necessario” che costi troppo in rapporto alla propria capacità reddituale.
Con lo strumento del Redditometro, infatti, il Fisco non fa altro che incrociare i dati del reddito percepito con quelli della spesa sostenuta in un certo periodo, attraverso la consultazione delle banche dati in proprio possesso e il gioco è fatto. Se viene rilevato uno scostamento superiore al 20% l’Ufficio può chiedere spiegazioni sulla provenienza delle somme eccedenti la propria capacità di spesa e, se non si è in grado di dimostrarne la provenienza, il Fisco le considererà provenienti da redditi percepiti in “nero” e per via di un sistema di presunzioni, tali somme saranno recuperate a tassazione a mezzo di un avviso di accertamento fiscale. La prova contraria a tali presunzioni spetta a chi ha speso i soldi.
La donazione può anche, nella migliore delle ipotesi, essere interpretata come un prestito da parte di un soggetto (concedente) in favore di un altro (beneficiario). In tal caso l’Agenzia delle Entrate potrebbe presumere che il prestito abbia maturato interessi attivi poi non dichiarati ai fini Irpef.
Con un po’ di attenzione questi problemi possono essere evitati.
La cosa più semplice da fare, per documentare la provenienza delle somme che si sono ricevute in dono o in prestito, è quella di utilizzare, nel trasferire le somme, degli strumenti tracciabili, come assegni non trasferibili o bonifici bancari.
Personalmente preferisco il bonifico poiché si può indicare nella causale una locuzione che esprima chiaramente il motivo del trasferimento del denaro: ad esempio “donazione” o “regalo di compleanno” o “prestito infruttifero” ecc. Qualunque frase che provi l’atto di liberalità. Ad ogni modo sono entrambe modalità che lasciano una traccia negli estratti conto e che potranno in qualsiasi momento essere esibiti al Fisco che, anche senza l’aiuto del contribuente accertato, è capace di acquisire tali dati con gli strumenti telematici di cui dispone, mi riferisco alla cosiddetta “Anagrafe dei rapporti finanziari”, attraverso la quale può “vedere”, in qualunque momento, ogni singolo movimento dei conti correnti.
Nel caso dell’assegno bancario, la tracciabilità potrebbe non bastare. Allora la cosa migliore è cautelarsi con una scrittura privata. Ma facciamo attenzione a queste semplici raccomandazioni:
- la scrittura privata (tra chi dona o presta il denaro e chi lo riceve), firmata e datata va conservata con cura per almeno cinque anni. Il Fisco, infatti, ha 5 anni per accertare il reddito dei contribuenti;
- perché sia opponibile al Fisco, la scrittura deve avere “data certa”, che si ottiene:
- con la registrazione della scrittura privata presso l’Agenzia delle Entrate e il versamento dell’imposta di registro se dovuta. Le donazioni di valore inferiore alla franchigia per le quali non si applica l’imposta sulle donazioni, sono registrate gratuitamente, non essendo dovuta neppure l’imposta di registro in misura fissa;
- sottoscrivendo il documento con firma digitale e apponendo la marca virtuale;
- piegando la scrittura come un plico senza busta e apponendo un francobollo sul frontespizio con un timbro da parte di un ufficio postale come se dovesse essere spedito a sé stessi.
Insomma, il cammino è tortuoso, senza dubbio, soprattutto nei primi due casi, ma con qualche accortezza si può ricevere una donazione in denaro senza pagare tasse e senza che l’Agenzia delle Entrate ci accusi di evasione fiscale.