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giovedì, Novembre 21, 2024

Recovery fund: un’opportunità per il nostro Paese?

Da Leggere

Flavio Carlino
Flavio Carlinohttp://ilgiornaledelsalento.it
Avvocato e Dottore Commercialista Pubblicista


Dopo quattro giorni di estenuanti trattative, i 27 del Consiglio europeo hanno trovato un accordo. Anche in questo caso il compromesso ha fatto da padrone. Senza di esso non ci sarebbe stata convergenza tra posizioni distanti tra loro anni luce. Così dopo quattro giorni di lotta negoziale tra Paesi ricchi e Paesi poveri, quelle posizioni, che inizialmente sembravano essere inconciliabili, hanno trovato un punto d’incontro. Si è trattato del summit più lungo nella storia dell’Unione Europea. Il Recovery Fund ha preso corpo e 208,8 mld di euro sono stati concessi all’Italia: 81,4 mld in sussidi a fondo perduto, un po’ meno rispetto al piano originario  e 127,4 mld in prestiti, 36 in più di quanto stabilito in precedenza, da restituire a condizioni agevolate.

Terreno di scontro durissimo, tra il premier olandese Mark Rutte e il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte, anche la questione della governance ha trovato una soluzione. Così il veto di un singolo Paese all’erogazione delle risorse del fondo non è più possibile. Gli Stati membri che ne saranno assegnatari, presenteranno piani che dovranno essere approvati dal Consiglio dell’Ue a maggioranza qualificata, secondo le proposte presentate dalla Commissione. Sarà, quindi, il Comitato economico finanziario, con i tecnici dei ministeri delle Finanze, a valutare il rispetto, sia dei percorsi, sia degli obiettivi fissati per l’attuazione dei piani nazionali. Tuttavia, se in questa sede un Paese riterrà che qualcosa non segue i piani, potrà chiedere di discutere la questione in sede di Consiglio europeo, anche se ciò potrà succedere solo eccezionalmente.

Condizione necessaria perché si possa assegnare il fondo è il rispetto dello stato di diritto e dei valori fondanti dell’Unione. Tale condizione, sulla quale facevano resistenza, udite, udite, l’Ungheria e la Polonia, è stata da esse, alla fine, accettata e la questione risolta per acclamazione, contro ogni previsione e con le maglie un po’ allargate per consentire loro di entrarci.

In altri termini, a Bruxelles l’Italia ha chiesto ed ottenuto le risorse necessarie per far ripartire l’economia, ma ha anche contratto con gli altri Stati un debito, non solo finanziario, ma, e soprattutto, di credibilità, che se non verrà rispettato, ci relegherà tra gli ultimi come è successo alla Grecia.

Queste risorse,  quindi, dovranno essere utilizzate con grande senso di responsabilità e con una visione strategica senza precedenti. Nella diatriba tra nord e sud si dovrà scegliere se sia, finalmente, il momento di investire al sud, sì da portarlo allo stesso livello del nord, eliminando la linea di confine, non tanto immaginaria, che divide, da sempre, i due territori. Infrastrutture, digitale, ambiente, turismo, ma anche opere pubbliche che ridonino alla nostra Italia l’antico splendore. Porti, aeroporti, ferrovie, che colleghino il nostro sud, prima che con il resto del mondo, con il nord.

Sono opere che avranno la capacità di creare indotti di grande portata economica.

L’Europa ha fatto la sua parte, perciò ora tocca a noi dimostrare che siamo un Paese capace e, soprattutto, affidabile. E per far ciò dobbiamo lasciarci alle spalle la lunga stagione dell’inefficienza e dello spreco di denaro pubblico, quella che ci ha portato al quasi fallimento.

L’unico modo per farlo è un cambio di rotta in tutti sensi: lotta alla corruzione, campagne di sensibilizzazione nelle scuole di ogni ordine e grado, pene più aspre e certe, controlli incrociati sui progetti e su ogni singolo momento di realizzazione delle opere.

Se riusciremo a farlo, ne uscirà un nuovo Paese che, di certo, non sarà più costretto a mandare all’estero i propri giovani, risorse essenziali per il funzionamento di una nazione.

Il Recovery fund, sia pure, per certi versi e per alcuni, non condivisibile, se usato bene potrà dare all’Italia un nuovo volto che la farà sembrare, agli occhi del mondo intero, bella come una volta.

Perché è questo che merita l’Italia.

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