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lunedì, Novembre 25, 2024

‘Emigrati del tempo’ in ‘Sera di Ferragosto’ con David Maria Turoldo

Da Leggere

Giuseppe Turoldo nacque a Coderno in provincia di Udine il 22 novembre 1916, ultimo dei nove figli di Giambattista Turoldo e Anna di Lenarda. A 13 anni entrò nell’Ordine dei Servi di Maria, iniziando nel 1934 l’anno di noviziato nel convento di Santa Maria del Cengio a Isola Vicentina. Dalla prima professione religiosa, il 2 agosto 1935, assunse il nome di fra David Maria.
Studiò a Vicenza, poi a Venezia. A  ventidue anni, il 30 ottobre 1938, professò i voti perpetui. Fu ordinato sacerdote a Vicenza il 18 agosto 1940, in piena seconda guerra mondiale.



Trasferito a Milano,  presso il convento della chiesa di San Carlo al Corso, vicino al Duomo, fu tra i primi frati dell’Ordine dei Servi a iscriversi all’Università Cattolica del Sacro Cuore, da poco fondata.
Coinvolto nella lotta antifascista,  con alcuni docenti e compagni di studi  quali fondò «L’Uomo», un giornale clandestino, che fu per lui il primo banco di prova della sua scrittura, sia in versi che in prosa. L’11 novembre 1946 si laureò in Filosofia, con la tesi «Per una ontologia dell’uomo», con la guida di Gustavo Bontadini.
Liberata Milano, padre David Maria riorganizzò la comunità cristiana di San Carlo, promosse con il  confratello e amico padre Camillo de Piaz la  “Messa della carità”, diedero poi avvio al  centro culturale Corsia dei Servi.
Durante l’episcopato del Beato Alfredo Ildefonso Schuster fu invitato a tenere omelie domenicali nel Duomo di Milano. La sua parola, pronunciata e scritta, passò attraverso i vari canali della comunicazione, giornalistica, teatrale, televisiva e cinematografica.


Uomo di grande sensibilità, combatté con forza ingiustizie e ogni tipo di compromesso col potere.

Si legge “Per definirlo con pochi aggettivi, fu ribelle, impetuoso, drammatico, fedele. Ribelle, nel senso nobile del termine; impetuoso, nelle sue reazioni e atteggiamenti; drammatico, per le sue vicissitudini; fedele in tre sensi, a Dio, alla sua vocazione, alle sue origini”.

La sua intensa e profonda produzione poetica lo impose subito all’attenzione della critica e dei lettori come una delle voci più emblematiche della poesia italiana contemporanea, soprattutto religiosa.
Diceva di lui il rettore universitario e critico letterario Carlo Bo: «Padre David ha avuto da Dio due doni: la fede e la poesia. Dandogli la fede, gli ha imposto di cantarla tutti i giorni».

Oggi la redazione del  IlGiornaledelSalento propone Sera di Ferragosto,  tratta dalla raccolta di poesie ‘O sensi miei’, una riflessione profonda, dinanzi al tramonto che a breve contempleremo, su di un’estate che volge ormai al termine, sospesi “in quell’ora in cui non esistiamo”, malinconici ‘emigrati del tempo’.

Naviga l’anima
in questa sera
che ha mani abbandonate.
E le finestre guardano
ne l’aria calma:
sulla spalletta
delle vie desolate
sta seduta la Tentazione.

                                       Così
Ti preghiamo, Signore,
dall’olocausto di questo corpo
che si scioglie nell’arsura
alta del mondo, nel compatimento
delle pietre, ne l’abbandono
vicendevole delle strade
ferme nel sogno
di una luce immortale.
Forse questa è l’ora
in cui non esistiamo,
emigrati dal tempo. Restiamo
soli, nel dolce sapore
dei sensi affaticati,
finalmente distesi
in una inattesa fraternità.

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