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sabato, Luglio 27, 2024

Flusso di coscienza: alla ricerca della felicità

Da Leggere

Flavio Carlino
Flavio Carlinohttp://ilgiornaledelsalento.it
Avvocato e Dottore Commercialista Pubblicista

“Nessuno è infelice, se non per colpa sua”. Lo diceva Seneca. Questo aforisma indica una responsabilità personale nell’essere infelici. Spesso chi parla di felicità è triste, è proprio vero. Vi è quasi sempre un malcelato velo di tristezza in chi invoca la felicità, o perché è pervaso dalla cherofobía, per cui non riesce a godersene un momento, o, semplicemente, perché non l’ha mai conosciuta e, quindi, crede che non esista.

Sta di fatto che quando se ne parla vengono fuori le cicatrici dell’infelicità e chi “parla” di felicità, invocandola da fuori, non la vive da dentro, perciò è infelice. La felicità non si cerca. Essa svanisce quando la si desidera, ma può giungere inattesa; va vissuta quando arriva, ma non va agognata se non si presenta. A volte si fa vedere per un attimo senza farsi prendere, al massimo ti prende e appena ti sfiora ti lascia, ti abbandona, per poi tornare … forse. È così fugace che non può essere considerata una condizione. Inseguirla rende infelici, perché per farlo si rinuncia alla libertà, quella che fa vivere la vita nella sua pienezza. Nel suo nome si declina la dignità e finanche la pietà.

Ma il concetto di felicità, si sa, è molto personale, quasi intimo.

C’è chi pensa che la felicità sia vivere la vita senza preoccupazioni. Secondo Nietzsche, invece, vivere tranquillamente e senza preoccupazioni è un desiderio proprio delle persone mediocri, che non danno un grande valore alla vita. Il filosofo oppone il concetto di “benessere” a quello di felicità. Benessere vuol dire “stare bene”, grazie a circostanze favorevoli o alla buona fortuna. Nondimeno, si tratta di una condizione effimera, che in qualsiasi momento può terminare. Il benessere è come uno “stato ideale di pigrizia”, cioè senza preoccupazioni, senza sussulti. La felicità, invece, è forza vitale, uno spirito che lotta contro qualunque ostacolo che limiti la libertà e l’affermazione di sé. Essere felici significa essere capaci di provare forza vitale attraverso il superamento delle avversità e la creazione di modelli di vita originali. In altri termini, secondo Nietzsche, la mediocrità è incompatibile con la felicità.

Non manca chi pensa che la felicità risieda nell’essere ricchi, nel possedere beni materiali. Allora mi chiedo quanto (in)felice sia un’epoca che identifica la felicità col possesso di beni materiali.

In questo caso sembra aver ragione Slavoj Zizek a ritenere che la felicità sia il prodotto di valori capitalistici, in quali implicitamente promettono la soddisfazione eterna attraverso il consumo. Tuttavia, va detto, che negli esseri umani regna l’insoddisfazione perché in realtà non sanno cosa desiderano.

Per non annoiarvi ulteriormente con queste mie riflessioni, chiudo con Schopenhauer, secondo il quale per essere felici basta evitare l’invidia, una forza negativa che s’impossessa del nostro cuore e blocca la gioia di vivere.

Invero, chi si concentra troppo su ciò che fanno o sentono gli altri trascura il compito di costruire la propria felicità.

Tra i tanti, personalmente condivido il pensiero di Schopenhauer anche se penso che la felicità non sia riducibile, ne riconducibile, ad uno schema.

Di certo, penso che un bagliore di felicità s’intraveda nella libertà di esprimersi. Dire e fare liberamente, è essenziale. Anzi, credo che sia proprio questa la vera felicità. Basta riflettere.

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