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sabato, Luglio 27, 2024

CNEL: organo inutile o occasione persa?

Da Leggere

Nicola Imbò
Nicola Imbò
Studente di Giurisprudenza presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore

Salito alla ribalta in occasione del referendum costituzionale del 2016, il CNEL (acronimo di Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) è un organo previsto dalla nostra Costituzione (art. 99).
Come facilmente intuibile, ha competenza di iniziativa legislativa in materia economica e sociale ma è principalmente, secondo la carta costituzionale, un organo consultivo (e dunque esprime pareri) che può esercitare la sua funzione rispetto al Governo, alle Regioni e alle Camere. Sarebbe infruttuoso, in questa sede, entrare nei dettagli tecnici riguardanti il suo funzionamento e la sua composizione (peraltro sono informazioni che si reperiscono facilmente in rete).

Ciò che interessa mettere in luce è il suo costo, cioè l’effettivo peso che ha sulle finanze dello Stato e quanto questo sia, in ultima analisi, proporzionato al contributo che esso svolge nella vita istituzionale.
A tal proposito è necessario leggere i bilanci consuntivi dell’ente pubblicati sul sito in ottemperanza al d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 nella sezione “amministrazione trasparente”. Ci accorgiamo dunque che nel 2011 lo Stato ha stanziato poco più di €20.000.000 per il funzionamento del CNEL; tuttavia negli anni l’organo ha ricevuto sempre meno fondi sino a giungere al 2019 dove, si legge, è riuscito ad accaparrarsi circa €8.000.000.

Si potrebbe dire, quindi, che ci costa meno della metà rispetto agli anni scorsi, ma qualcuno potrebbe obiettare che sono comunque soldi sprecati. Quel “qualcuno” è stato, tra gli altri, l’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi che ha intrapreso una dura offensiva nei confronti del CNEL. La sua battaglia, come la storia ci ha dimostrato, l’ha infine costretto alle dimissioni a seguito della sconfitta nel referendum del 2016 sul quale Renzi aveva posto una bizzarra “questione di fiducia”.
Ma, al di là di questo, vorrei snocciolare quella che è la vera missione di questo organo così tanto controverso. Infatti il suo compito principale è quello di avvicinare le istituzioni (che sia il Governo, le Regioni o le Camere poco cambia) alla società civile (cioè al tessuto industriale che lavora nel Paese). Il CNEL – secondo la previsione costituzionale – deve essere composto da esperti e rappresentanti delle categorie produttive tenendo conto dell’importanza numerica e qualitativa.
Provate ora ad immaginare quanto potrebbe essere utile durante questa emergenza dovuta al Covid-19. Difatti in questi mesi è risultato abbastanza evidente che ci siano stati alcuni sbagli nella gestione della pandemia dovuti, probabilmente, anche alla quasi totale assenza di coordinamento tra il Governo, gli imprenditori e gli artigiani del nostro Paese. Sono state numerose, invero, le manifestazioni pacifiche di protesta rispetto alle decisioni prese nei vari DPCM di Conte che ci hanno accompagnati in questi mesi difficili.
Si sarebbe potuto agire con migliori risultati se ci fosse stato più dialogo e coordinazione? Difficile dirlo con certezza, ciò che però possiamo attestare è che dal 1957 ad oggi il CNEL ha elaborato solo 152 pareri (come verificabile direttamente sul sito dell’ente). Con una media di circa un parere ogni 5 mesi, l’organo non sembra certo godere di ottima “salute” soprattutto se considerato che ogni parere fornito costa ai cittadini svariati milioni di euro. Ma se la soluzione non è quella di abolirlo (infatti il corpo elettorale nel 2016 ha deciso di conservarlo), allora bisognerebbe cercare di sfruttarlo appieno viste e considerate le sue evidentemente importanti potenzialità individuate dai nostri padri costituenti.

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