Ho accumulato tanti libri e quando a Natale i miei figli, conoscendo i miei gusti, mi regalano anche un libro, io dico sempre loro : “basta un libro “.
Ed in questo Natale uno dei libri ricevuti in dono è “Perché l’Italia amò Mussolini” (e come è sopravvissuta alla dittatura del virus) di Bruno Vespa.
Dico subito che non amo il Vespa scrittore quanto il Vespa giornalista e che ho letto solo tre dei suoi libri.
Le pubblicazioni di Vespa, quasi sempre nel periodo natalizio, mi sembrano i cinepanettoni della premiata ditta Boldi-De Sica.
Eppure quest’ultima sua opera l’ho letta con interesse e curiosità e vi dirò perché.
È un libro che fa la miscellanea di due dittature : quella di Benito Mussolini e quella del signor Covid, come lo chiama l’autore. Il denominatore comune di queste due dittature è che entrambe hanno soppresso o limitato la libertà dei popoli; di quello italiano il fascismo, di 2 miliardi di persone il Covid.
Del ventennio fascista ho letto tanto ma mi mancavano gli spaccati di vita personale, direi intima, dei suoi protagonisti e nel libro di Vespa di fatti ed episodi familiari ne ho scoperti davvero molti.
Nei primi tre anni del governo Mussolini, Ministro delle Finanze e poi del Tesoro era Alberto De Stefani, economista liberale. De Stefani promulgò una riforma fiscale prevedendo, per la prima volta, l’abolizione della tassa di successione, l’aumento delle tasse dirette diminuendo le indirette. La produzione manifatturiera crebbe, dal 1922, del 10 per cento all’anno, il reddito nazionale del 20 per cento tra il 1922 e il 1925 e i disoccupati scesero da 380.000 a 150.000. La drastica riduzione dei dipendenti pubblici (65.000 in due anni) e della spesa pubblica (dal 35 al 15 per cento del pil, un terzo dei giorni nostri), in soli tre anni ribaltò la situazione dei conti pubblici fino a portare in avanzo il bilancio dello Stato, con grande plauso del liberale più prestigioso, Luigi Einaudi.
Insomma, Vespa descrive un momento di altissima partecipazione sociale del popolo al regime, popolo gratificato anche da una salda previdenza, bonifiche pubbliche e lavoro.
Un maestro di scuola marxista come Augusto Graziani aveva riconosciuto come “ nel corso del ventennio fascista l’industria italiana aveva subito sensibili miglioramenti qualitativi “.
Winston Churchill, in quel momento ministro delle finanze del governo britannico, dopo un incontro a Londra col Duce si disse affascinato da Mussolini e aggiunse che “ è facile accorgersi che l’unico suo pensiero è il benessere durevole del popolo italiano”.
A questo punto tralascerò ogni dato storiografico generale contenuto nel libro e tenterò di alimentare la vostra curiosità riportandovi alcuni fatti privati della vita del Duce, per lo più sconosciuti.
Nel 1914 Mussolini e la moglie Rachele avevano comprato a San Martino in Strada, a 8 chilometri da Forli’, una casa colonica con un piccolo podere dove Benito piantava un albero alla nascita di ogni figlio. Chiamata “Villa Carpena” e poi “Villa Mussolini”, oggi è sede di un museo.
Ed è lì che nasce quello che gli storici definiscono “l’invenzione della virilità”, una gigantesca operazione di propaganda, perché è nel suo podere che seminò innumerevoli varietà di frumento e diede vita alla battaglia del grano per cui i cineoperatori facevano a gare per ritrarre il Duce a torso nudo e pantaloni bianchi.
Le donne, le tante donne che hanno accompagnato la vita di Mussolini rappresentano argomento molto approfondito del libro di Vespa. Tra le donne, il consenso popolare del Duce toccò punte di idolatria.
La famiglia Mussolini trascorreva le vacanze estive a Riccione . Scriverà la moglie Rachele “ una volta un nugolo di donne giovani ed anche anziane si lanciò in acqua per seguirlo…le tedesche, le jugoslave, le ungheresi erano le più fanatiche ammiratrici di Mussoli “.
A cominciare dalla scrittrice Margherita Sarfatti, madre e amante del fascismo. Se Benito fu il padre del fascismo, lei ne fu la madre e la musa per diciott’anni, dal 1918 al 1936. Mussolini frequentò un esercito di donne ma nessuna ebbe con lui un rapporto così intenso e decisivo. Rachele la odiava ma ben comprendeva che una donna colta poteva essere utile per le ispirazioni del capo del governo. L’amore tra Margherita e Benito era nato nel 1912 quando il socialista Mussolini era direttore dell’Avanti.
Quello invece per Ida Salder fu per il Duce un amore impetuoso fatto di continue lettere infuocate; negli anni Cinquanta a Milano fu trovato un documento dal quale risultava la nascita di Benito Albino, figlio di Ida Salder e Benito Mussolini. Ma allora Ida Salder era stata davvero la prima moglie di Mussolini?
In “ Il figlio segreto del Duce” Alfredo Pieroni, giornalista trentino del Corriere della Sera sostiene di sì. Benitino morì a soli 26 anni in un sanatorio, di tubercolosi.
Dalla relazione con Angela Cucciati, una delle amanti più fedeli nacque Elena .
Magda de Fontagnes era una giornalista molto intrigante e il suo scopo principale non era quello di intervistare Mussolini, ma di andarci a letto .
A Mussolini furono attribuite tante altre storie come quella con l’attrice Alida Valli o con Alwine Glienke, moglie del cancelliere austriaco Dolfuss. E poi una relazione con Romilda Ruspi che ebbe un terzo figlio e la paternità fu attribuita al Duce. Di questa relazione sapeva sia la moglie Rachele sia Claretta Petacci, per antonomasia, la donna di Benito. Per giustificare la sua bulimia sessuale, vivacissima anche dopo aver superato i 50 anni, Mussolini raccontava a Claretta che arrivava a possedere anche 4 donne al giorno.
Alice Pallotteli è stata l’amante del Duce per nove anni, durante il periodo più spendido di Mussolini.
E poi la contessa Giulia Mattavelli e Cornelia Tanzi, poetessa ed anche escort, diremmo oggi, a palazzo Venezia.
Quinto Navarra, il ciambellano di palazzo Venezia, nelle sue memorie è categorico : ”Mussolini ha ricevuto una donna al giorno, tutti i giorni, per vent’anni, fino all’ultimo istante di potere. Le visitatrici si trattenevano per non più di mezz’ora : metà del tempo era destinata a un amplesso furioso, consumato sul tappeto che copriva il pavimento davanti all’enorme scrivania” .
Bruno Vespa dedica un capitolo a parte a Claretta Petacci, innamorata del Duce da quando aveva appena 14 anni scrivendogli una appassionata lettera d’amore. Furono amanti dal 1932 , lei aveva 20 anni, lui 49, sino al tragico destino condiviso nell’esecuzione di Dongo.
La lettura del libro di Vespa appassiona pagina dopo pagina. L’autore racconta dei rapporti personali tra Mussolini e Hitler. Il Fuhrer era attratto, ammaliato dal Duce e Mussolini lo disprezzava, lo considerava un matto.
Bellissime le pagine sulla nascita dell’Impero e la guerra d’Etiopia con racconti personali sul Gen.Emilio De Bono, su Pietro Badoglio e persino su Indro Montanelli , sottotenente di quella guerra che comprò e sposò la giovanissima Destà una ragazzina etiope di 12 anni che, per gli usi locali, era considerata in età da marito.
Nella parte del libro destinata poi alla descrizione della vita e della personalità dei cinque gerarchi che accompagnarono il ventennio di Mussolini, parla anche ovviamente di Achille Starace. Vespa lo definisce il meno intelligente tra i gerarchi, una “ macchietta tragicomica al potere”. Starace era pugliese di Sannicola, allora frazione di Gallipoli, rampollo di un’agiata famiglia. L’attuale Lungomare Galilei di Gallipoli altro non è se non il vecchio Corso Gondar realizzato proprio da Starace.
Io ho avuto la possibilità di conoscere Achille Starace attraverso le parole del figlio Luigi, mio professore di filosofia al liceo classico. Da studente mi invitava spesso nella sua villa a Sannicola e mi raccontava tanti episodi personali e della carriera del padre, giustiziato e portato a Piazzale Loreto insieme a Mussolini e Claretta Petacci, che mi confortano nella convinzione che Achille Starace sia stato invece un uomo intelligente, un costruttore di futuro, uomo di cultura e di elevato spessore morale. Per tutte, mi mostrò le lettere private che Gabriele D’Annunzio scriveva a suo padre ribadendo la sua stima verso l’ex segretario del partito fascista.
E poi il libro, in questa sua prima parte, narra di tante altre vicende che hanno a che vedere con i sentimenti e i rapporti personali, non solo con la storia.
Edda Mussolini , moglie non bella e nemmeno fedele di Galeazzo Ciano, giustiziato per tradimento dal Tribunale Militare di Verona insieme ad altri quattro firmatari del documento Grandi.
La seconda parte del libro di Bruno Vespa è dedicata alla dittatura del virus che dallo scorso anno stiamo ancora vivendo.
Il passaggio dalla storia alla realtà dei giorni nostri è brusco.
Gli episodi narrati partono dalla Cina dove tutto è cominciato, dal paziente numero 1 a Codogno , dal primo morto di Nembro che secondo il racconto del figlio aveva i polmoni bianchi e chiese come ultimo desiderio una coca cola. Racconta della strage della Bergamasca sino ai protagonisti dei nostri giorni, il Presidente del Consiglio Conte, il Commissario dell’emergenza Arcuri, tutti i politici italiani e i tanti, troppi virologi che rubano la scena nei salotti televisivi.