Alla lista dei nemici del cuore se ne aggiungono altri: i nemici 3.0.
È quanto si evince da una nuova ricerca pubblicata su European Heart Journal coordinata da ricercatori di Fondazione Policlinico Universitario A.Gemelli Irccs-Università Cattolica, così come riportato anche da un aggiornamento su Ansa.it.
Esperti italiani e americani, hanno preso in esame i fattori di rischio cardiovascolare del terzo millennio.
Il primo è l’inquinamento atmosferico, che è anche alla base anche dei cambiamenti climatici. Seguono l’inquinamento luminoso e sonoro, la salute mentale, l’isolamento sociale e malattie infettive.
I nemici del cuore e delle coronarie sono tanti e diversi da quelli sino ad ora conosciuti: colesterolo, diabete, ipertensione, fumo.
Si legge che il 15% delle persone che ha avuto un infarto non presenta alcun fattore di rischio conosciuto.
“Sebbene negli anni i trattamenti contro i fattori di rischio tradizionali siano diventati sempre più efficaci e abbiano contribuito non poco a ridurre incidenza e conseguenze della cardiopatia ischemica – sottolinea Rocco A. Montone, cardiologo presso la Cardiologia Intensiva del Gemelli – questa resta la principale causa di morte nel mondo. Per questo l’attenzione si sta allargando dai fattori di rischio tradizionali a tutto ciò che ci circonda. Questi fattori di rischio interagiscono in modo imprevedibile, spesso potenziandosi tra loro. Ecco perché è necessario considerarli nella loro totalità“.
L’inquinamento atmosferico da solo può ridurre l’aspettativa di vita di 2,9 anni (il fumo di tabacco la riduce di 2,2 anni). L’esposizione all’aria inquinata ad esempio, spiega Montone, ‘ossida’ il colesterolo cattivo (Ldl) rendendolo più pericoloso e altera la funzionalità del colesterolo ‘buono’ (Hdl).
Altri problemi vengono dall’inquinamento acustico, luminoso e dallo stress sociale, che alterando gli ormoni dello stress e i ritmi circadiani (con la deprivazione o frammentazione del sonno) possono peggiorare lo stress ossidativo e la risposta infiammatoria, portando ad una maggior aggregabilità delle piastrine e promuovendo così la comparsa di cardiopatia ischemica.
Anche i cambiamenti climatici, che sono strettamente correlati all’inquinamento, hanno un impatto importante sulla salute del cuore. “Le ondate di caldo – ricorda – sono sempre più frequenti; una prolungata esposizione al caldo è stata di recente correlata ad aumentato rischio di mortalità cardiovascolare“. Ed ancora: molte infezioni respiratorie come l’influenza e il Covid-19, ma anche le parodontiti e le infezioni da Helicobacter pylori e Chlamydia sono correlate ad un aumentato rischio cardiovascolare; aumentano l’infiammazione sistemica, lo stress ossidativo, l’attivazione piastrinica e possono danneggiare direttamente le cellule del cuore.
Sebbene la consapevolezza sociale del problema sia in aumento e le principali linee guida cardiovascolari stiano ora prendendo in considerazione l’importanza di ridurre l’esposizione a questi nuovi fattori di rischio cardiovascolare, afferma Filippo Crea, direttore del Centro di Eccellenza di Scienze Cardiovascolari Ospedale Isola Tiberina-Gemelli Isola, “c’è ancora molta strada da fare per implementare strategie preventive e di gestione. (…)Infine, sarà fondamentale promuovere ulteriori ricerche per studiare il modo in cui questi fattori di rischio emergenti, da soli e in combinazione, influiscono sull’integrità del sistema cardiovascolare. Infatti, i fattori di rischio noti (ipertensione, diabete, ipercolesterolemia e fumo) spigano solo metà delle malattie cardiovascolari”.