Incolpata di vilipendio alla religione pagana fu sottoposta ad efferate torture, tra cui lo strappo dei seni con grandi tenaglie arroventate; le ferite causate, tuttavia, furono sanate miracolosamente da san Pietro apparsole in visione.
L’episodio ha sancito il patronato delle puerpere che accusano disturbi alla mammella e di tutte le donne che hanno il seno malato, e ha ispirato la sua iconografia.
Santuzza, come viene chiamata popolarmente la martire – il cui corpo si trova nel duomo di Catania – divenne la protettrice di questa città, delle eruzioni vulcaniche ed è invocata contro gli incendi, la canicola e la febbre.
Sant’Agata è particolarmente venerata a Gallipoli, di cui è patrona insieme con san Sebastiano e santa Cristina. Le è stata dedicata la sontuosa cattedrale (XVII sec.) dove sono conservate tele raffiguranti i momenti salienti della vita e del martirio, eseguiti dal pittore napoletano Nicola Malinconico (XVIII sec.) e dove, nel giorno della sua festa, si svolgono cerimonie sacre e si celebra un solenne Pontificale durante il quale si “canta” in greco antico un passo del vangelo ricordando il periodo in cui Gallipoli ha osservato tale rito.
Secondo una credenza popolare, nei giorni 4 e 5 febbraio il cambiamento repentino del vento è attribuito allo spirito della santa che lascia Catania per sostare a Gallipoli e, una volta terminati i festeggiamenti in suo onore, rientrare in quella città. Dinanzi al fenomeno atmosferico il popolo usava dire: sant’Agata de Catania, vene cu sciaroccu e vae cu tramuntana, sant’Agata di Catania, viene con lo scirocco e se ne va con la tramontana.
Per avvalorare l’improvvisa e fulminea trasferta della santa a Catania, vi era chi sosteneva che il pavimento del duomo, soltanto in quei due giorni, si ricopriva di sabbia portata dal vento di scirocco su cui si trovavano impronte di piedi nella direzione di andata e di ritorno: impronte senza dubbio attribuite alla martire.
Una reliquia della santa è custodita nel tesoro della Basilica di santa Caterina d’Alessandria a Galatina.
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