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martedì, Ottobre 15, 2024

Riscoprire il talento: valorizzare le risorse umane al di là dell’età cronologica

Da Leggere

Annarita Quarta
Annarita Quarta
Laureata in Scienze Bancarie si dedica alla professione di dottore commercialista e si specializza in gestione delle risorse umane. Consegue una seconda laurea in Scienze Religiose a cui fa seguito l'incarico di direttrice dell'Ufficio pastorale del Lavoro della diocesi di Lecce. Attualmente vive in provincia di Lecce e lavora in tutta Italia come consulente presso enti pubblici e privati. Autrice di saggi, tra cui: "Talento, vocazione e lavoro al servizio del bene comune".

Sono tempi in cui si parla sempre più spesso di fotoritocco, di immagini costruite con sapienza da esperti di comunicazione o, semplicemente, c’è una vera e propria mania di apparire così come gli odierni canoni estetici ci dettano.

Se guardo le adolescenti mi sembrano uscite da un copia incolla sia nelle pettinature, nell’abbigliamento che nel modo di muoversi e comportarsi.

Insomma, devo dire, che l’attenzione per l’apparenza ha preso il sopravvento buttando nelle ortiche il famoso detto “l’abito non fa il monaco”. Che dire, l’esteriorità ha preso il sopravvento.

Ma poi? Dietro tanta bellezza cosa si trova????

Chi mi conosce, sa che mi occupo di orientamento alla formazione ed al lavoro e ci sono momenti in cui mi chiedo se i miei con consigli abbiano senso in questa realtà.

Alcuni giovani si rivolgono a me per essere aiutati a formulare dei CV ed in alcuni casi mi rendo conto che risulta necessario fare dei “ritocchi”.

Capita spesso infatti che per alcuni “ruoli” è necessario dover ridurre al minimo le proprie competenze altrimenti si rischia di ricevere come risposta:” dal suo CV, risulta troppo qualificato per la posizione proposta”.

Poi accade che arrivino coloro che vogliono rispondere ad annunci di questo genere:

Cercasi risorsa da impiegare per la nostra azienda che risponda ai seguenti requisiti:

bella presenza, laurea magistrale, esperienza almeno quinquennale in posizioni analoghe, libera da impegni familiari; età max 28 anni“.

Credo che sia logico pensare che se a 28 anni è facile trovare un giovane di bella presenza un po’ più complicato è trovarne uno che si sia già laureato, che abbia notevole esperienza e che sia disposto a rinunciare ad una vita privata.

Allora succede che lo stesso annuncio possa essere letto da un cinquantenne che, al contrario, ha tutti i requisiti richiesti (a cinquant’anni si può avere ancora una bella presenza) e che “osa” inviare il CV specificando, nella lettera di presentazione, che non è che non ha letto il limite di età ma che sta “osando” perché crede che con la sua esperienza potrebbe rappresentare un valore aggiunto per l’impresa. Chi è più fortunato, riceve una risposta del tipo: “Gent.mo sig. pur apprezzando il suo CV siamo spiacenti di comunicarle che avendo superato i 28 anni la sua candidatura non può essere presa in considerazione“.

Qui ho rappresentato due casi limite ma concreti che, spesso, si presentano.

Allora è spontaneo porsi delle domande.

È normale che si cerchino solo giovani con esperienza e che agli stessi non venga data la possibilità di farla?

Perché un cinquantenne è ritenuto troppo vecchio per un collocamento nel mondo del lavoro e troppo giovane per andare in pensione?

Ed ancora: perché tante volte si deve fingere di essere meno di quello che si è per non urtare la paura di chi potrebbe vedere in te un pericoloso avversario?

Non ci stiamo rendendo conto, ma il mondo del lavoro, per tante ragioni, è divenuto un ginepraio.

Quello che mi sconcerta è che le assunzioni, spesso sono frutto, oltre che delle famose raccomandazioni, piaga che non sarà mai estinta al sud, anche di valutazioni basate su criteri che, spesso non tengono conto del vero valore del lavoratore.

Mi inquieta pensare ai danni che derivano da questo modus operandi.

Troppo spesso ciò demolisce l’autostima di chi, per anni, attraverso percorsi di formazione, perfezionamento, esperienze ha voluto costruire non solo la sua identità professionale ma anche il suo essere uomo nel mondo.

Credo che sia necessario ristabilire dei criteri oggettivamente più logici che si sgancino dalle solite dinamiche economiche e condizionamenti sociali.

Ridiamo dignità ai lavoratori perché solo così può nascere quella motivazione utile affinché ognuno, attraverso il lavoro, possa dare un contributo al bene comune.

Libro dell’autrice

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