Quello che in altre città d’arte italiane è inserito nel programma di visita ai monumenti principali, comprende l’opportunità di conoscere la secolare, manualità artigianale caratterizzante. Accade, per esempio, a Firenze e riguarda la lavorazione della pelle e la produzione orafa, a Venezia la sosta nelle vetrerie, a Burano per ammirare i merletti a tombolo e via elencando. A Lecce, invece, è sempre esigua – o eccezionale – la proposta di sostare presso le botteghe per vedere come si lavora la cartapesta. Non soltanto per la riduzione delle stesse, ma perché non si fa niente per risvegliare dall’agonia un’espressione artistica che era un autentico vanto per la città; poi anche perché la visita alla “capitale del barocco” è sempre all’insegna del “mordi e fuggi”, specie se sono gruppi organizzati.
Tutto è condizionato dai programmi delle agenzie di viaggio e delle compagnie crocieristiche che vendono i pacchetti turistici – quasi sempre senza conoscere effettivamente la città e le sue potenzialità -, la cui tabella di marcia bisogna rispettare rigorosamente, pena il ridimensionamento dei profitti!
Per fortuna che, in controtendenza, vi è chi ha localizzato nel borgo antico la prima gelateria sociale di Puglia, “Defriscu” (via Palmieri 69), che rappresenta una opportunità di riscatto sociale; ha aperto un centro di tessitura artigianale, Tedeslab weave (via delle Giravolte), gestito da donne alla ricerca di indipendenza e desiderio di rinascita, e chi dimostra coraggio come Enrico, Marina, Alessandra, Elena, Paola ed altri, i quali, da almeno un anno, danno vita ad un laboratorio (via Malennio, 30), sotto la sigla di Canefiori. Qui, dinanzi ad un’immaginaria isola ecologica, delimitata da piante spontanee e coltivate, alberi d’agrumi ed un basolato di piccole formelle calcaree, è di casa il sentimento dell’originalità, della creatività, dell’immaginazione, trasferito nella materia che ognuno è inclinato a lavorare, trasferendolo in un oggetto d’arredo, un monile, una lampada, una stampa. Che, volta per volta, trasmette un’armonia formale e cromatica, frutto di elaborazione e di studio.
A ridosso delle antiche mura di Lecce, tra vicoli che risentono ancora di lontane attività artigianali e dei profumi di invitanti arrosti che uscivano da un’osteria poco lontana e che invadevano tutto il vicinato, l’accennato laboratorio è un richiamo con le sue leggerissime sonorità manuali che, insieme ad un sottofondo di musica per nulla banale, si sprigionano lievemente all’esterno perché diventino riappropriazione materiale e memoriale di una saggezza a-temporale, sensibilizzando la curiosità dei passanti e confermando che non vi è declino della manualità. Basta sapersela inventare!
Sul filo di antichissime, indimenticabili capacità pratiche, nel citato laboratorio si svolgerà il 23 aprile p.v., alle ore 19, un incontro straordinario! Due esperti di tintura naturale, Marco Fantuzzi ed Erika Bozzi, mostreranno cosa si può ricavare quando si utilizzano pigmenti vegetali, grazie alle loro provate capacità professionali.
Capisco che è riduttivo presentare così una non secondaria capacità a sapere estrarre dalle piante tintorie, colori naturali o dagli ossidi o dai minerali o da altre sostanze custodite negli steli, nelle foglie, nel carbone, nel guado riproponendo, quindi, un’applicazione millenaria! L’incontro diventa un modo per conoscere i saperi antichi, in quanto occasione per recuperare materiali naturali e modi per utilizzarli, in antitesi allo spreco di risorse che, ahimé! sono pericolosamente in via di estinzione.
Cerchiamo di non mancare a questa appassionante illustrazione. Sarà un modo per saperne di più, condividere un’esperienza originale e sostenere chi rianima il centro storico di Lecce con iniziative di fruizione pubblica, benefiche anche ai non addetti ai lavori.
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