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giovedì, Giugno 5, 2025

Non soltanto reperti, ma tracce di antichi eppure attuali cromatismi

Da Leggere

Rossella Barletta
Rossella Barletta
Rossella Barletta, esperta di storia locale, da oltre quarant’anni indaga sul patrimonio storico, folklorico, antropologico, artigianale, gastronomico del Salento. Negli ultimi tempi il suo interesse precipuo è rivolto al recupero del lessico dialettale e gergale, prima che cada nell’oblio, coi suoi risvolti umani, sociali e storici. Tantissime le sue pubblicazioni, che possono essere consultate su www.rossellabarletta.it o sul sito edizionigrifo.it.

Continuando le passeggiate per scoprire particolari affascinanti, custoditi tra le vie del centro storico di Lecce su cui si affacciano annosi edifici che la rendono fulcro di costante ammirazione per l’obiettiva bellezza decorativo/architettonica, mi sono recata al Museo “S. Castromediano” (non più esclusivamente archeologico), per parlare con qualcuno del laboratorio di restauro, al fine di approfondire le informazioni relative alle “Porte dipinte di Rudiae”, esposte di recente. Vale veramente la pena di vederle oltre al video-documento, realizzato da “A.R.Va, Archeologia Ricerca e Valorizzazione” (spin-off del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento diretto dall’archeologo Pio Panarelli) e da “AirFilm srl Produzioni Cinematografiche” del noto conterraneo Roberto Leone, ormai apprezzato filmmaker a livello internazionale.

Con estrema gentilezza la responsabile del laboratorio, Mary Coppola, mi ha introdotta in questa sorta di “casa di cura” dove il “paziente/oggetto” riacquista l’originaria vita.

Lo scambio di reciproche curiosità e informazioni si è protratto per circa un’ora (!), infondendo in entrambe una piacevole sensazione. Tanto quest’ultima è stata incisiva, che subito ho immaginato di estenderla a chi fosse interessato a “provarla”, combinando con l’anzidetta responsabile, un appuntamento che, secondo orari e giorni stabiliti dalla stessa, non intralci il suo lavoro. E fin qui, tutto nell’ordinarietà del vivere quotidiano e nell’ottica di stimolare sempre i concittadini a vestire i panni dei turisti in casa, convincendoli a usare le gambe più che le “quattro ruote”, contribuendo a non inquinare gli spazi comuni eccetera eccetera!

Un indizio, apparentemente banale, mi ha colpita: il meticoloso ordine (e la pulizia) degli attrezzi del mestiere, allineati in sequenza progressiva così da essere agguantati subito, all’occorrenza, come se l’operatrice fosse un medico-chirurgo e forse, o quasi certamente, per questo definirsi tale, come ogni restauratore/trice.

Sistematicità e ordine sono prerogative che contrassegnano l’ambiente visitato; qui i frammenti lapidei predominano su tutto, in un apparente affastellamento. Opinione quanto mai sbagliata! Perché anche la più apparentemente anonima scheggia di pietra, è schedata, segnata convenzionalmente, repertata in quanto, da un accostamento ben studiato, si otterrà una ricomposizione plastica, capace, a sua volta, di una collocazione storica, di stimolare un’ipotesi, di aprire nuove letture interpretative, immaginando ambienti dove, presumibilmente, è vissuta.

Dinanzi al restauro di un noto archivolto lapideo, tradizionalmente attribuito a Gabriele Riccardi (1524 – ?), reso famoso per la fantasmagorica decorazione della Basilica di Santa Croce, alcune fasce di colore, hanno mostrato raffronti con cromatismi connotativi della città di Venezia: l’oro affiancato all’ocra, usuali all’aristocrazia di quel governo (se non proprio connotativi), tuttora in auge, riproposti nelle telerie, nei panni, negli accessori di moda.

Recentemente alcuni esemplari si sono trovati nell’ormai consueto appuntamento della Mostra dell’Artigianato di Eccellenza, a cura di Maria Lucia Seracca Guerrieri, svoltasi presso i Teatini, in concomitanza con l’ormai storica manifestazione “Cortili Aperti” (25 maggio): due appuntamenti di notevolissimo successo, decretato dalla presenza di un pubblico meravigliato e sbalordito.

Ecco allora un insolito indizio per stanare i concittadini a riappropriarsi della propria città: osservare il colore che ci circonda, che può diventare sensazione e pure memoria, specialmente se riusciamo ad amalgamarlo con gli oggetti che vediamo, che ci circondano, che immaginiamo, i quali, a loro volta, ci rimandano ad archetipi che ritroviamo un giorno, così, per puro caso. Come è successo a me.

Ecco allora che emerge una riflessione: quella del passato non è stata una società delle immagini, come, bensì della spettacolarità (come quella dell’antica città lagunare) che ci ha lasciato in eredità segni, colori, forme di riferimento.

La visita al laboratorio di restauro del Museo “S. Castromediano” può contribuire a fare emergere tutto ciò.

Chi legge può mettersi in contatto col front office del Museo (tel. 0832/373572) oppure inviare una mail a: museocastromediano.lecce@regione.puglia.it.

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