Il vero problema in Italia è l’ormai insostenibile antinomia tra l’élite strafottente e disonesta e il popolo, umiliato, oltraggiato e, costantemente, sottovalutato.
L’indecente disgusto aleggiante tra i palazzi della politica, nei media, sui social, l’evidenza dei cattivi esempi e il perdurare di azioni illecite non danno scampo ad alcun tipo di ragionamento. Il sottile confine tra sacro e profano, serio e faceto, è andato distrutto. Perché? Semplice! È venuto meno il “contratto sociale” su cui poggiavano le fondamenta, ormai deboli, della nostra Italia.
Tutto è stato annientato: l’intesa tra elettori ed eletti, cittadini e istituzioni, forze politiche e società, Stato e Popolo, senso comune e pensiero dominante. Ognuno pensa di poter fare quello che vuole e, quel che è peggio, come vuole. Ma senza “patto sociale” non c’è democrazia.
Cosa ha sorretto fino ad oggi il “patto sociale”? L’abbondanza, ovvio! Essa consentiva alla classe dirigente di arricchirsi, anche illecitamente, mentre i vantaggi venivano in parte trasferiti sui cittadini. Ma la carestia, si sa, è una brutta faccenda e quand’essa presenta il conto, il benessere finisce e il clientelismo interrompe il suo ciclo benefico, a danno dei più deboli. Allora ecco che la ricerca dei privilegi s’acuisce e le scorribande del capitalismo radical-chic, protetto dalla politica, non incontrano limiti di sorta.
A questo si aggiunge il fatto che i governanti dell’ultimo decennio hanno saputo mortificare il senso comune, esasperandone fatti e parole, portandolo financo alla criminalizzazione, quando ai cittadini è stato fatto credere che quei fatti e quelle parole in cui credevano erano connotati dal sentimento meno nobile che l’animo umano potesse esprimere: l’infamia.
Così la difesa dei propri confini è divenuto malcelato razzismo, l’amore per la patria è divenuto nazionalismo ma, soprattutto, antiglobalismo e xenofobia. Ogni volta che si doveva scegliere tra l’Italia e l’Europa la scelta doveva cadere su quest’ultima, nel nome del progresso e del progressismo, altrimenti si era affetti da conservatorismo. Ed è così che vengono prima i migranti e poi gli italiani e i numeri dell’economia si sono sempre anteposti alla vita quotidiana dei cittadini con la conseguenza che il popolo è arrivato alla “fame”. E quando il cittadino ha rubato per sopravvivere, se italiano è stato condannato, se straniero è stato liberato per poi consentirgli di spacciare, rubare e stuprare di nuovo. Sempre nel nome del globalismo e dell’antirazzismo.
È in questo contesto che la famiglia tradizionale ha ceduto il passo alle unioni civili sì da consentire a persone dello stesso sesso di mettere su famiglia e a persone senza scrupoli di vendere o prendere in affitto l’utero più conveniente, privando il nascituro, suo malgrado, del piacere di pronunciare la parola più bella del mondo: “mamma” e facendo sparire dai documenti anche i “lemmi” padre e madre, rendendone sempre più difficile l’identificazione. Allo stesso modo sparivano le croci e i presepi dai luoghi pubblici. E tutto nel nome del progresso e nel rispetto dell’”altro”, il quale non ci ha mai rispettato.
In tale scenario è ovvio che i nuovi partiti e il populismo non rappresentano il rimedio a tutti i mali, ma ancor meno ne sono la causa. La vera causa è, piuttosto, il comportamento irresponsabile delle oligarchie di sinistra, dei poteri giudiziari corrotti, dei media tendenziosi e faziosamente subdoli e dei social capziosi “controllati” dal padrone.
Per usare un eufemismo si può dire che con un padre così, il popolo è cresciuto senza educazione. E quando manca l’educazione tutto sembra, e in certi momenti diviene, possibile.
Allora anche una questione così seria come l’immigrazione diventa un “affare”, il mare diviene “alienabile”, lo stupro è la regola, tanto da sentir dire che “un immigrato non può sapere che non si stupra”, l’omicidio diventa anacronistico per la frequenza del suo ripetersi e se si fa a pezzi una ragazza e la si mette in valigia come un vecchio paio di scarpe nessuno prova più sgomento.
Insomma, la questione è davvero seria e non credo che possa essere risolta senza una coscienziosa e ponderata rieducazione. Da un punto bisogna pur ripartire. Quale sarà quello giusto? Ma e soprattutto … chi lo farà?