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giovedì, Novembre 21, 2024

Le task force nell’era del Covid 19

Da Leggere

Flavio Carlino
Flavio Carlinohttp://ilgiornaledelsalento.it
Avvocato e Dottore Commercialista Pubblicista

Non voglio che quest’articolo venga letto necessariamente come l’antonimo del Governo Conte o, meglio, delle sue azioni. Mi piacerebbe, invece, che fosse letto con un certo senso critico, “correttamente critico”, senza appello alla demagogia, senza pregiudizi ed alla luce dei risultati che, ad oggi, i decreti del Governo hanno prodotto. E vorrei anche che chi ha ben seguito l’azione di Governo in questa fase di emergenza provocata dal Corona virus, facesse un’analisi approfondita sulla opportunità di alcune scelte operate. Ma andiamo per gradi.

Tutto è iniziato il 27 gennaio 2020, quando il Premier Giuseppe Conte, in diretta nazionale, rassicurava il popolo Italiano circa l’emergenza coronavirus che si stava sviluppando in Cina: “Siamo prontissimi – rispondeva Conte a Lilli Gruber – continuiamo costantemente ad aggiornarci con il Ministro Speranza. L’Italia in questo momento è il Paese che ha adottato misure cautelative all’avanguardia rispetto agli altri, ancora più incisive. Abbiamo adottato tutti i protocolli di prevenzione possibili e immaginabili”. E meno male! Siamo stati secondi solo alla Cina, paese da cui il virus ha iniziato il suo viaggio intorno al mondo.

Dal punto di vista sanitario sappiamo tutti com’è andata. “Per fortuna” abbiamo avuto un esercito di medici, infermieri e operatori sanitari che hanno lavorato a costo della propria vita, ai quali non finiremo mai di dire grazie. Non avevano mascherine e guanti, non c’erano abbastanza respiratori, pochi posti letto in terapia intensiva rispetto alle esigenze contingenti. I risultati si sono visti. Sono morti 150 medici, 34 infermieri, 18 operatori sanitari e 13 farmacisti (e non voglio parlare di responsabilità, perché esporrei il mio pensiero a sterili critiche, alle quali, constatati i risultati, dovrei rispondere malamente).

Dicevo, non solo. Grazie alla “politica restrittiva” del contingentamento numerico per l’accesso alle facoltà di medicina, in un’occasione di emergenza come questa, non ancora superata, si è dovuto richiamare in servizio i medici in pensione, mediamente 70enni, e far entrare nell’esercito 120 medici e 200 infermieri senza concorso. Le classiche cose “all’italiana” visto che il contingentamento numerico degli studenti di medicina poteva essere risolto, con un cambio di rotta, prima di quest’emergenza, quando già da qualche tempo, alcune regioni assumevano medici provenienti dall’estero. Ospedali chiusi, riduzione della spesa sanitaria. Poche macchine. Poco personale. Turni strazianti già prima dell’emergenza. 

Ma come tutte le cose che contraddistinguono il settore pubblico italiano, prima si deve giungere al limite e poi si affronta il problema, spesso male. Dare lavoro a cittadini stranieri, si, eliminare il “numero chiuso” nelle facoltà di medicina, no. Si tratta, forse, di interessi economici delle caste storiche, costituite, voti di scambio di categorie interamente politicizzate e protette.

E su questa scia, senza pensare al benessere di nessun cittadino, che aspetta i soldi della cassa integrazione, del prestito garantito (che forse non prenderà mai perché i fondi sono insufficienti), senza nessun aiuto, ma con le attività chiuse per “decreto”, nascono le task force. Non sono molte, solo 15. Cosa volete che siano 15 task force di fronte ad un virus che, appena tre mesi fa, non doveva preoccupare nessuno. Il problema, forse, sono i 450 elementi che le costituiscono. 450 uomini e donne, 450 poltrone, 450 stipendi di cui, ancora, non si conosce l’entità. Di certo non saranno stipendi da 1000 euro come quelli di un operaio.

E bravi i pentastellati e i piddini. Prima la finta riduzione del numero dei parlamentari, poi il reale aumento delle poltrone politicizzate. Quando si tratta di ridurre non se ne parla, quando si tratta di aumentare sono tutti pronti. Anche con le loro indennità e con i loro privilegi, mi pare, no? Così lavorano gli “esperti” nominati dalla politica, dando del “fesso” a tutti gli esperti che lavorano stabilmente presso i ministeri e le varie strutture statali preposte alla soluzione dei problemi. Paghiamo gli uni e gli altri. In un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo e, probabilmente, di “fame”, come quello che attraverseremo, il nostro governo paga 450 esperti in più rispetto a quelli già dipendenti dallo Stato.               

“Andrà tutto bene” si continua a dire in questi giorni. È un’espressione ottimistica che ci ha aiutato ad andare avanti in un periodo difficile. Ma questo non significa che andrà tutto bene davvero in ogni senso. Il virus sparirà, stando a quanto sostengono i virologi, probabilmente con il caldo e, forse, tornerà con il freddo a meno che non si arriverà presto, e finalmente, al vaccino, grazie sempre al lavoro di medici e ricercatori. Ma i problemi economici busseranno alla porta di tutti e saranno gravi anche quelli.

E noi avremo sempre il dubbio che tutto ciò non si sia verificato per caso, dato che, come me, non a tutti è chiaro come e quando si guarisce dal virus. Si può guarire se si interviene subito, hanno sempre detto (complicazioni soggettive a parte, ovviamente). Sarà vero? E se è vero, come si potevano salvare tutte quelle persone morte a causa del Covid 19 con i limiti strutturali esistenti? Come si sceglievano le persone sulle quali intervenire subito? Sono domande inquietanti, lo comprendo, e forse e meglio non porsele. Ma un minimo di riflessione, quello è necessario.   

Se, invece, si vuole essere prudenti per non essere espulsi dall’umano consesso, in quanto reprobi ignoranti, attenetevi pure all’assurda regola. Tacete o sostenete il falso. Il problema non è questo, ma il destino dell’umanità.  

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