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1° giugno #San Giustino, ‘filosofo e martire’

Da Leggere

Il 1° giugno, come dal  Martirologio Romano, si celebra la  «memoria di san Giustino, martire, che, filosofo, seguì rettamente la vera Sapienza conosciuta nella verità di Cristo: la professò con la sua condotta di vita e quanto professato fece oggetto di insegnamento, lo difese nei suoi scritti e testimoniò con la morte avvenuta a Roma sotto l’imperatore Marco Aurelio Antonino. Infatti, dopo aver presentato all’ imperatore la sua Apologia in difesa della religione cristiana, fu consegnato al prefetto Rustico e, dichiaratosi cristiano, fu condannato a morte».

San Giustino  (nato a Flavia Neapolis intorno all’ anno 100 e morto a  Roma tra il  162 e 168) è stato un filosofo e martire, di origini latine o greche. La sua famiglia  si era stabilita probabilmente da poco in Palestina, al seguito degli eserciti romani che qualche anno prima avevano sconfitto gli Ebrei  e distrutto il Tempio di Gerusalemme.

È noto  anche come Giustino martire o di Nablus (Flavia Neapolis) in Palestina.

È  stato un filosofo e martire cristiano, morto sotto Marco Aurelio. La Chiesa cattolica lo venera come santo e lo annovera tra i Padri della Chiesa. Trai i suoi scritti  di grande importanza la Prima Apologia dei CristianiSeconda Apologia dei Cristiani , che  fanno di Giustino  uno dei primi difensori del pensiero cristiano. Viene venerato come santo anche dalla Chiesa ortodossa. La memoria si celebra il 1 giugno.

Come riferisce egli stesso nel Dialogo con Trifone, venne educato nella cultura pagana ed ebbe un’ottima istruzione che lo portò ad approfondire i temi centrali della  filosofia.

 Racconta infatti che la sua smania di verità lo portò a frequentare diverse scuole filosofiche: da quella stoica a quella peripatetica. Si recò  anche presso un filosofo pitagorico che lo sollecitò dunque ad approfondire le arti della musica, dell’astronomia e della geometria. Ma Giustino interessato al raggiungimento della “verità” e della “conoscenza di Dio”, reputava tempo sprecato il soffermarsi su tali discipline.

Da ultimo frequentò una scuola platonica; un maestro di questa filosofia era da poco giunto nel suo paese e presso questa corrente filosofica trovò quanto credeva di cercare.

Dice Giustino: Le conoscenze delle realtà incorporee e la contemplazione delle Idee eccitava la mia mente”.

Si convinse che questo lo avrebbe portato presto alla “visione di Dio”, considerato da lui lo scopo della filosofia. Decise poi di ritirarsi in solitudine lontano dalla città.  In questo luogo appartato incontra un anziano, con cui inizia un serrato dialogo, incentrato su Dio e su cosa fare della propria vita. Dopo aver dichiarato all’anziano la sua idea di Dio: Ciò che è sempre uguale a sé stesso e che è causa di esistenza per tutte le altre realtà, questo è Dio”, l’anziano lo porta a ragionare su di un aspetto che forse a Giustino era sfuggito: come possono i filosofi elaborare da soli un pensiero corretto su Dio se non l’hanno né visto né udito? E porta il giovane a meditare sulle persone “gradite a Dio” e da Dio stesso  “illuminate”, i Profeti cioè.

In seguito a questa  esperienza, Giustino si converte al Cristianesimo e per tutto il resto della sua vita educherà i discepoli, utilizzando gli stessi schemi usati dalle scuole filosofiche. Oltre a questo incontro, decisivo per la sua conversione, Giustino indica anche un altro fatto che lo rinfrancava nella fede: Infatti io stesso, che mi ritenevo soddisfatto delle dottrine di Platone, sentendo che i cristiani erano accusati ma vedendoli impavidi dinanzi alla morte ed a tutti i tormenti ritenuti terribili, mi convincevo che era impossibile che essi vivessero nel vizio e nella concupiscenza.

Giustino viaggiò molto: si recò a  Roma fondando  una scuola filosofica cristiana, insistendo  molto sui fondamenti razionali della fede cristiana. Il suo approccio, diverso  da quelli tradizionali, suscitò numerose controversie sia con gli stessi cristiani che con alcuni filosofi, in particolar modo  con Crescenzio il cinico.

Secondo la tradizione, Giustino visse nelle vicinanze della basilica di S. Pudenziana a Roma.

La sua fede lo porterà a subire una morte violenta. Fu condannato a morte da Giunio Rustico che era prefetto di Roma e amico dell’imperatore Marco Aurelio, fra il 162 e il 168 con questa motivazione: Coloro che si sono rifiutati di sacrificare agli Dei e di sottomettersi all’editto dell’imperatore, siano flagellati e condotti al supplizio della pena capitale, secondo le vigenti leggi”.

Di questo processo esiste ancora il verbale: Martyrium SS. Justini et sociorum VI. Giustino venne decapitato assieme ai suoi discepoli, Caritone e sua sorella Carito, Evelpisto di Cappadocia, Jerace di Frigia (schiavo della corte imperiale) e Peone.

Indimenticato e punto di riferimento nonostante i duemila anni passati: la fama del missionario-filosofo al quale si deve la più antica descrizione della liturgia eucaristica, si tramanda da sempre e  per sempre.

Anche il Concilio Vaticano II richiama il suo insegnamento in due pilastri conciliari: la “Lumen gentium” e la “Gaudium et spes”.

‘Genio al servizio del Vangelo’, instancabile annunciatore del messaggio di Cristo, per Giustino il

cristianesimo è la manifestazione storica e personale del Logos nella sua totalità. Per questo dirà: “Tutto ciò che di bello è stato espresso da chiunque, appartiene a noi cristiani”.

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