Sono le diciotto di un qualsiasi pomeriggio di zona Arancione in Puglia. Fuori inizia a fare freddo, l’umidità tipica di novembre inizia a scendere subito dopo il tramonto, ed io come se fosse la prima volta soffio nell’aria sperando che faccia il “fumo”. Che bella sensazione quella di scoprire che il freddo è tornato, sembra sempre un po’ inatteso in questa parte del “mondo”, ma è pur sempre il benvenuto.
Oggi ho deciso di rivedere il cuore pulsante della mia città. Ne sono stata lontana troppo a lungo e la nostalgia iniziava a prendere il sopravvento; così son salita sulla mia bici e ho iniziato a pedalare verso il centro. Il vento fresco e umido ha iniziato subito ad arricciarmi i capelli, il freddo a pizzicarmi il volto, ma tutto era così dannatamente piacevole da far sembrare tutto perfetto.
Sono uscita con una meta ben precisa. Volevo andare al Duomo. La piazza del Duomo è quel punto di Lecce che ti ristora gli occhi quando lo vedi: lo sguardo si fa curioso e inizia a spaziare. C’è così tanta grandezza da non sapere dove posare per primo lo sguardo. Quel che ti colpisce di più è che nonostante il buio ogni elemento è posto esattamente al suo posto ed è illuminato, in modo da risaltarne la sua bellezza.
Da qualsiasi punto del Corso si arrivi, il campanile del Duomo è lì pronto a stupirti fermo nello stesso punto da secoli nella sua alta imponenza, ora illuminata al far della sera. Poi lo sguardo si sposta sulla facciata laterale della chiesa e poi in basso sugli scalini: spettatori involontari di tante confidenze, baci rubati e risate in compagnia. Seguendo la linea della piazza si scorgono più in là il vescovado e il museo diocesano, archi di pietra leccese costruiti in sequenza ritmata che custodiscono i passi dei religiosi della città.
Oggi però c’è qualcosa che mi colpisce ancor più della bellezza del Duomo. La piazza è vuota. C’è un silenzio che raggela il cuore. Pensavo davvero di uscire e ritrovarmi in quella nostalgica meravigliosa normalità che era la vita di prima. Ma non è così. Quella bellezza così vuota e ora silenziosa e solitaria è pronta a ricordarmi che tutto è cambiato e che questo cambiamento così repentino e doloroso investe ogni aspetto della realtà.
C’è una cosa importante che ho imparato in questi mesi e che per tanto tempo ho dato per scontata: la semplicità delle piccole cose. Non sono i gesti eclatanti, strepitosi e giganteschi a riempire la vita, ma la semplicità e naturalezza dei gesti ordinari e quotidiani, che quando vengono meno si apprezzano nella loro vera essenza. Passeggiare in un duomo deserto che non vedevo da mesi, incontrare lo sguardo di un anziano che va verso la chiesa, sentire il vento fresco sulla faccia mentre pedalando, si attraversano le vie della città. Per vivere in pienezza e felicità in fondo basta davvero poco e oggi il Duomo con la sua semplice, meravigliosa e solitaria imponenza me lo ha ricordato.