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venerdì, Luglio 26, 2024

Il monosillabo latino ars svela l’assenza di concretezza dei politici

Da Leggere

Rossella Barletta
Rossella Barletta
Rossella Barletta, esperta di storia locale, da oltre quarant’anni indaga sul patrimonio storico, folklorico, antropologico, artigianale, gastronomico del Salento. Negli ultimi tempi il suo interesse precipuo è rivolto al recupero del lessico dialettale e gergale, prima che cada nell’oblio, coi suoi risvolti umani, sociali e storici. Tantissime le sue pubblicazioni, che possono essere consultate su www.rossellabarletta.it o sul sito edizionigrifo.it.

Come la intendevano i latini, l’ars, arte, non riguarda soltanto la creatività o l’invenzione di qualcosa, ma la trasformazione in applicazioni concrete di conoscenze astratte. Al contrario di quanto si possa credere, il significato del monosillabo latino non presuppone spontaneità, impulso, istinto, bensì tecnica, calcolo, metodo, programmazione. Ovvero richiede preparazione, formazione sorretta da una moltitudine di regole da memorizzare e mettere in pratica in seguito a uno studio regolare che rende capace l’uomo di compiere in sicurezza un’operazione.

Il campo dell’ars è vasto e comprende l’ars amatoria, l’arte di amare; l’ars medica, l’arte medica; l’ars vitae l’arte del sapere vivere; l’ars poetica e l’ars politica. E qualcun’altra.

Contrapposta alla natura, talvolta l’ars, è ingannatrice e falsa; tuttavia, poiché è la sintesi di regole che stanno insieme in virtù di un metodo, essa aiuta a raggiungere un fine utile alla vita o che aiuta a vivere. Secondo gli antichi Romani, perché l’uomo sia facilitato a raggiungere siffatto obiettivo, occorre che si applichi allo studio. Essi riconoscono pure che servono doti umane innate tra cui la prontezza mentale, l’intuito, l’intelligenza. Ed asserivano che, se queste sono assenti, allora non c’è proprio nulla da fare!

Nel corso del tempo numerosi scrittori, filosofi e letterati di ogni latitudine hanno coniato la propria definizione di ars.

Rimango tra gli autori del periodo classico per riconoscere loro una sorta di priorità nel delineare un significato illuminante del vocabolo appena detto e del suo plurale artes. Ne ricordo qualcuno. Tacito asserisce che il monosillabo «indica l’insieme delle discipline linguistiche e scientifiche che formano l’istruzione alta dove la capacità di formare discorsi occupa un posto di rilievo». Cicerone sostiene che chi è migliore nelle arti (optimus artibus), si distingue perché dimostra «prontezza di ingegno, una gran sete di sapere e la capacità di pensare correttamente». Plinio, invece, stabilisce un contrasto anche tra ars e ingenium, arte e ingegno: se l’arte è l’abilità pratica, la capacità d’esecuzione, la concretezza, la lucidità, l’ingegno è l’inventiva individuale, la virtù di trovare soluzioni sorprendenti, che dovrebbe identificare colui che propende nell’accorgimento più economico e più efficace; nell’intelligenza dei rapporti tra le cose. Se tutti questi elementi (o qualità caratterizzanti l’individuo) sono assenti, per esempio, nel personaggio politico pubblico, si è indotti a percepire incapacità di concretezza, di lucidità, di serietà oltre che mancanza di spirito di sfida, di prodezza di un gesto che, forse, se manifestata, risolverebbe una situazione ibrida, precaria, squilibrata.

Sulla base di questi ragionamenti, assistiamo ad atteggiamenti manifestati dalla classe politica in generale che spesso denotano impreparazione, dimostrano assenza di una strategia politica, che fa emergere in modo netto l’assenza di formazione in una scuola ad hoc, attinente alla carriera.

Come si faceva un tempo? Ma sì, diciamolo pure, e, per favore, senza essere tacciati di dietrologia o di sentimentalismo. Bensì con desiderio di profonda concretezza.

 

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