Quando penso che più passa il tempo e più le cose peggiorano, mi chiedo come mai. Perché le cose non sono più come una volta? Perché in politica ci si vende al miglior offerente. Perché i politici non sono più fedeli al partito. Perché gli anziani si ritrovano sempre più soli, mentre una volta la casa degli anziani era il punto di riferimento dei più giovani? Perché? Perché?
Per comprenderlo dovremmo scavare nella quotidianità ed immergerci nella intimità dei temi sociali e della politica. La povertà, l’accoglienza, la scolarizzazione, l’assistenza ai bisognosi, il lavoro, la famiglia, sono i grandi temi sociali. Ma non sarebbe il caso di comprendere se siamo pronti ad affrontarli nel modo in cui li stiamo affrontando? Vi chiederete a cosa mi riferisco. Alla solitudine, all’isolamento forzato, all’individualismo da globalizzazione.
Non riusciamo più ad essere comunità. Ci comportiamo sempre più da individui slegati da ogni contesto sociale. Ma si tratta di un individualismo egocentrico ed egoista, che uccide la socialità e la condivisione. Il narcisismo c’impedisce di amare il prossimo, ma è tutto a posto, l’importante è stare bene con sé stessi. Questo viene prima di tutto. Così il lemma “non posso mica pensare sempre agli altri” diviene la malattia letale delle moderne società occidentali. Essere sé stessi è l’importante, tutto il resto non conta.
Ed è senz’altro vero che in una società patologicamente individualista e narcisista non può esserci amore, né comprensione. Se si ama troppo se stessi, non ci si può prendere cura degli altri, né si può accettare il prossimo con le sue differenze. “Star bene con sé stessi” è una priorità che travalica ogni tentativo di lealtà. Resta solo l’Io e il suo benessere. Per questo non può esserci alcun rapporto sociale, né legame di coppia, né alcuna appartenenza politica. La stessa famiglia cede il passo all’individuo.
Senza comunità non v’è società, se prevale l’individualismo non si può che incorrere in un rapporto di convenienza, ossia in una transitoria convergenza verso gli stessi consumi, guidati dalle mode. In tale contesto non può esistere nessun “noi”, ma solo l’”io” che muta secondo i propri desideri e non tiene conto di quelli degli altri. Non esiste un vero e proprio bisogno di comunità. Talvolta si evoca l’appartenenza religiosa, la difesa della famiglia o l’amor patrio forse per, inconsciamente, evidenziare quel che per noi rappresenta una forte carenza.
Invece dobbiamo comprendere che se un progetto di vita ci aspetta, non può certamente prescindere da una comunità. Non si vive certo bene in solitudine. L’uomo ha bisogno di una comunità per dare un senso alla propria esistenza.
Solo così tornerà il senso di appartenenza alla società, alla politica, alla famiglia, a sé stessi e nessuno si sentirà solo, come accade oggi, nonostante la presenza di tante persone intorno a noi. Solo così gli anziani torneranno a dare consigli invece di essere “rinchiusi” in una squallida struttura dove la loro saggezza troverà la morte, prima di quella fisica, nella solitudine e nell’egoismo imperante intorno a loro. Solo così i bambini avranno di nuovo una guida per la vita. Solo così il maestro potrà redarguire il bambino senza che il genitore, 1 o 2, perda la testa in un turpiloquio o lo quereli per avergli fatto notare che egli ha bisogno di lui, nel frattempo intento a decidere l’identità di genere. Solo così si potrà tornare ad apprezzare i valori di una volta, quelli che ci hanno permesso di giungere fino ai giorni nostri, fino a prima dell’avvento del narcisismo.