11.2 C
Lecce
giovedì, Settembre 19, 2024

Labirinto: simbolo di smarrimento e di prostrazione mentale  

Da Leggere

Rossella Barletta
Rossella Barletta
Rossella Barletta, esperta di storia locale, da oltre quarant’anni indaga sul patrimonio storico, folklorico, antropologico, artigianale, gastronomico del Salento. Negli ultimi tempi il suo interesse precipuo è rivolto al recupero del lessico dialettale e gergale, prima che cada nell’oblio, coi suoi risvolti umani, sociali e storici. Tantissime le sue pubblicazioni, che possono essere consultate su www.rossellabarletta.it o sul sito edizionigrifo.it.

 

Alzi la mano chi non ha mai avuto la sensazione di trovarsi in un labirinto ossia nel mezzo di una vicenda personale o di una situazione fuori dalla sfera soggettiva, attirato da un’impercettibile seduzione o da una appena appena accennata tentazione, da cui è stato difficile sottrarsi, ma che alla fine, per fortuna, non ha riportato traumi irrimediabili o ferite inguaribili. Il senso di persistente e di indecifrabile disagio psicologico misto ad un disorientamento mentale, si è dissolto grazie ad un improvviso sprazzo di lucidità, giunto in tempo utile per evitare il peggio, permettendo di ritornare al punto di inizio e di ristabilire la normalità, allontanando così la percezione di trovarsi in quel citato  labirinto da cui sarebbe stato difficile uscire.

L’origine del termine labirinto è incerta. Per convenzione si fa derivare dalla voce greca labýrinthos da cui il latino labyrinthus conservatosi in tutte le lingue e nei dialetti di derivazione latina.

In sintesi, scrive Andrea Marcolongo (Alla fonte delle parole, 2019), si tratta di un etimo di origine sconosciuta, capace di far perdere il senso ai glottologi a forza di tentare di venirne a capo, procedendo a fatica, a tentoni.

Il famoso groviglio geometrico quale appare il labirinto, è stato il leit-motiv delle cattedrali medievali occidentali; molti secoli dopo, nel Seicento, fu riproposto dall’arte topiaria nelle siepi degli splendidi “giardini all’italiana”. Architetti, filosofi, pensatori e gente comune usò la metafora del labirinto per indicare situazioni e problemi complicati, intricati, avvolti, quasi sempre, da un disordine soltanto apparente.

Tra i suoi meandri è facile smarrirsi per disorientamento e, proprio per questo, esso trasmette l’idea del disordine, del caos (mentale più che fisico), il quale, quasi sempre, è apparente perché è soltanto una mancanza di ordine, che non sappiamo e non vogliamo (o non possiamo) imporre o imporci tanto da rimane intrappolati nel suo groviglio. Questo, tra l’altro, è simile a quello del cervello, che smette di funzionare, per esempio come il motore della nostra auto, quando non lo facciamo girare a dovere.

Ecco allora che, in uno stato di panne ovvero di confusione mentale, viene in aiuto il mito di Teseo che riuscì a tornare indietro dopo avere abbattuto il mostro raffigurato dal Minotauro e al quale il filo di Arianna consentì di ritrovare l’uscita. Divenne la trasfigurazione di una volontà razionale, di un metodo capace di abbattere il mostro – con le sue infinite declinazioni di incubo, terrore, paura – al fine di uscire dall’intrico. Più illusorio che reale perché, in realtà, il labirinto è un disegno geometrico, uno spazio ordinato e ritmato da armonie lineari.

Non mi addentro nel simbolismo filosofico del labirinto. Rischierei di non uscirne dai suoi significati intricati e multiformi. Mi viene spontaneo inanellarlo con il momento politico internazionale: labirintico!

Quale Santo invocare di Rossella BARLETTA

 

Ultime News

Melendugno in festa per Santi Medici Cosma e Damiano

di Luca Santoro  MELENDUGNO (LECCE) - I festeggiamenti in onore dei Santi Medici Cosma e  Damiano entrano nel vivo e ...