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giovedì, Novembre 21, 2024

Giuseppino Jones. Alla ricerca del fondo perduto

Da Leggere

Flavio Carlino
Flavio Carlinohttp://ilgiornaledelsalento.it
Avvocato e Dottore Commercialista Pubblicista

Non c’è un solo provvedimento, emanato in questo periodo, che sia stato all’altezza delle aspettative create da Conte con le sue promesse visionarie. Dai bonus alla cassa integrazione, dai prestiti garantiti al fondo perduto. Tutto è stato lento, come l’incedere di una testuggine. Su 6,8 mln di lavoratori pagati, solo 2,6 mln lo sono stati direttamente dall’INPS, agli altri, invece, hanno anticipato i datori di lavoro. E, al momento, non tutti i lavoratori sono stati pagati.

Così la “potenza di fuoco”, il “moltiplicatore”, grazie al quale 70 mld diventavano 450, e tutte le altre trovate di Giuseppino Jones, si sono rivelate dei semplici fallimenti, non avendo raggiunto l’obbiettivo per tempo. In altri termini, la cassa integrazione che arriva a lockdown passato fa sempre piacere, ma non ha la stessa utilità che avrebbe avuto se fosse stata pagata a tempo debito, cioè quando i lavoratori non avevano uno stipendio.

Così per i prestiti garantiti che hanno raggiunto a malapena il 25% dei richiedenti e per il fondo perduto, del quale ancora arrivano aggiornamenti su chi può richiederlo.

Ma che il Presidente del Consiglio di economia non ne sappia proprio nulla non è più un segreto, in particolare dopo l’incontro con le associazioni imprenditoriali agli Stati Generali dell’economia. In quell’occasione l’arcano è stato svelato allorquando Conte ha sostenuto che per uscire dalla crisi bisogna programmare per il medio lungo periodo come diceva J. M. Keynes. Invece chi l’economia l’ha studiata davvero sa che l’economista diceva sempre che per affrontare le crisi bisogna intervenire subito perché “nel lungo periodo siamo tutti morti”. Frase che calza perfettamente al comportamento inconcludente del premier e del suo governo in questa particolare fase della storia del nostro Paese.

Insomma, il “Conte del Grillo” ne fa di tutti i colori, ma il bello è che con quella faccia tosta continua ad andare in televisione ad abbagliare gli italiani, ammaliandoli con irrealizzabili promesse ed incantandoli con insostenibili progetti.

Lui lo fa con estrema disinvoltura, come una primadonna, senza rendersi conto delle scempiaggini che profonde al suo popolo. Ma a me pare strano che, nonostante tutto, esistano ancora sparuti gruppi di resilienti “presi” dalle sue baggianate.

Ora sta pensando al suo nuovo partito, che sarà il nuovo centro ecologico nazionale della politica. In esso confluiranno, si dice, democristiani, radicali e dissidenti dei partiti, in special modo, pentastellati. È il nuovo che avanza. Peccato che non sia più tanto nuovo e, soprattutto, che non sia tanto capace, avendo dato prova di incapacità in più di un’occasione.

Tutto sommato questa figura non è sconosciuta agli italiani. Prima di Conte abbiamo avuto Renzi, il quale a sparar cazzate era un asso. L’unica differenza è che Renzi era stato un boy scout, per cui sapeva comunicare, anche troppo bene, con la gente. Nella teoria era bravissimo, ma era la pratica a creargli problemi. Il Conte del Grillo, invece, non è bravo in entrambe. Lo ha dimostrato con le sue scarsissime performance. Mai una giusta, dall’inizio del periodo emergenziale, quando sosteneva che non c’era da preoccuparsi.

Se, poi, ci vogliamo davvero “divertire”, mettiamoci pure i suoi “compagni”, da Giggino Di Maio a Teresa Bellanova a Laura Boldrini. Dalle sanatorie per gli immigrati, alle genuflessioni in Parlamento, al reddito di cittadinanza. Ce n’è per tutti. Ma tutte queste sortite hanno in comune un unico filo conduttore: prima gli stranieri, poi, gli italiani. Chiunque essi siano, africani, asiatici, ecc., prima loro, poi il bene dell’Europa e, solo alla fine, quello degli italiani.

Intanto, tra reddito di cittadinanza e sbarchi, gli imprenditori locali non trovano personale per la stagione estiva. Entro fine anno la crisi economica avrà mietuto milioni di vittime e, a quel punto, mi chiedo chi pagherà le tasse per permettere a molti sfaticati di vivere con il reddito di cittadinanza. Gli effetti di questo sussidio sono stati devastanti. Non si trova personale e quando qualcuno risponde alla chiamata poi cambia subito idea perché, ho sentito spesso dire, la differenza non vale l’impegno, vale a dire, se lavoro e guadagno € 1200, è meglio non lavorare e prenderne quasi 800. Per i beneficiari del reddito di cittadinanza è mutata la percezione dell’entità dello stipendio: non è più di € 1200 netti, ma di € 400, atteso il fatto che anche senza lavorare ne percepisce 800. Sembra strano ma è così. Prima, invece, si partiva da zero e si faceva riferimento allo stipendio offerto dal datore di lavoro, per cui 1200 € erano tanti.

In questo modo finanche la disoccupazione passa in secondo piano. Lo status di “disoccupato” cederà il passo a quello di “assistito” e la “dignità” verrà subissata “dall’assistenzialismo” dilagante che oscurerà ogni forma di orgoglio e, quindi, di aspirazione, fino a rendere la maggior parte del popolo dipendente dai poteri forti che si faranno i fatti loro lasciando i “resti” dei lauti pasti agli pseudo furbetti del reddito di cittadinanza. Praticamente, un nuovo regime totalitario, camuffato da democrazia.

La situazione è davvero triste e difficile. Ciò che mi lascia perplesso è il fatto che nessuno se ne renda conto. Mi riferisco ai politici. Non bisogna essere professori per capirlo. Anzi, è meglio non esserlo se i professori sono quelli che ci hanno governato negli ultimi decenni, da Prodi a Conte.

Nel frattempo, spero solo che Giuseppino Jones ritrovi il fondo perduto.

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