Alla vigilia della solennità del 29 giugno Amedeo Lomonaco traccia su Vatican news un interessante percorso – che qui riproponiamo – sulle figure dei Santi Pietro e Paolo, fratelli nel martirio, attraverso le riflessioni di Papa Francesco.
Il 29 giugno è la festa solenne dei Santi Pietro e Paolo, testimoni di Gesù fino al martirio. Le loro vite sono state rigenerate dall’incontro con Cristo. A Pietro, un pescatore di Galilea, Gesù dice: “Tu sei Pietro e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa“. Paolo ha fatto l’esperienza della grazia: da persecutore è diventato apostolo di Cristo.
Quella del 29 giugno è in modo speciale la festa della Chiesa di Roma, fondata sul martirio di questi due Apostoli. Ma è anche una grande festa per la Chiesa universale, come ricorda Papa Francesco all’Angelus del 29 giugno 2013:
«Tutto il Popolo di Dio è debitore verso di loro per il dono della fede. Pietro è stato il primo a confessare che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio. Paolo ha diffuso questo annuncio nel mondo greco-romano. E la Provvidenza ha voluto che tutti e due giungessero qui a Roma e qui versassero il sangue per la fede. Per questo la Chiesa di Roma è diventata, subito, spontaneamente, il punto di riferimento per tutte le Chiese sparse nel mondo. Non per il potere dell’Impero, ma per la forza del martirio, della testimonianza resa a Cristo! In fondo, è sempre e soltanto l’amore di Cristo che genera la fede e che manda avanti la Chiesa».
Fin dai tempi antichi la Chiesa di Roma, spiega Francesco all’Angelus del 29 giugno 2014 celebra gli Apostoli Pietro e Paolo in un’unica festa nello stesso giorno:
«La fede in Gesù Cristo li ha resi fratelli e il martirio li ha fatti diventare una sola cosa. San Pietro e San Paolo, così diversi tra loro sul piano umano, sono stati scelti personalmente dal Signore Gesù e hanno risposto alla chiamata offrendo tutta la loro vita. In entrambi la grazia di Cristo ha compiuto grandi cose, li ha trasformati. Eccome li ha trasformati! Simone aveva rinnegato Gesù nel momento drammatico della passione; Saulo aveva perseguitato duramente i cristiani. Ma entrambi hanno accolto l’amore di Dio e si sono lasciati trasformare dalla sua misericordia; così sono diventati amici e apostoli di Cristo. Perciò essi continuano a parlare alla Chiesa e ancora oggi ci indicano la strada della salvezza».
La città di Roma, sottolinea il Pontefice all’Angelus del 29 giugno 2015, nutre speciale affetto e riconoscenza “per questi uomini di Dio, venuti da una terra lontana ad annunciare, a costo della vita”, il Vangelo di Cristo
«La gloriosa eredità di questi due Apostoli è motivo di spirituale fierezza per Roma e, al tempo stesso, è richiamo a vivere le virtù cristiane, in modo particolare la fede e la carità: la fede in Gesù quale Messia e Figlio di Dio, che Pietro professò per primo e Paolo annunciò alle genti; e la carità, che questa Chiesa è chiamata a servire con orizzonte universale».
A Roma Pietro e Paolo, ricorda il Papa all’Angelus del 29 giugno 2016 si fecero “annunciatori e testimoni del Vangelo tra la gente, e suggellarono col martirio la loro missione di fede e di carità”:
«Pietro e Paolo oggi ritornano idealmente tra di noi, ripercorrono le strade di questa Città, bussano alla porta delle nostre case, ma soprattutto dei nostri cuori. Vogliono portare ancora una volta Gesù, il suo amore misericordioso, la sua consolazione, la sua pace. Abbiamo tanto bisogno di questo! Accogliamo il loro messaggio! Facciamo tesoro della loro testimonianza! La fede schietta e salda di Pietro, il cuore grande e universale di Paolo ci aiuteranno ad essere cristiani gioiosi, fedeli al Vangelo e aperti all’incontro con tutti».
Il cammino comune dei due Apostoli, che i padri della Chiesa “amavano paragonare a due colonne sulle quali poggia la costruzione visibile della Chiesa”, si snoda “in ambienti difficili e in certi casi ostili”. Pietro, ricorda Francesco all’Angelus del 29 giugno 2017, era stato rinchiuso in prigione dal re Erode ma fu “salvato in modo miracoloso e così poté portare a termine la sua missione evangelizzatrice, prima nella Terra Santa e poi a Roma”. Anche Paolo “ha sperimentato ostilità dalle quali è stato liberato dal Signore”:
«Entrambi, con le loro vicende personali ed ecclesiali, dimostrano e dicono a noi, oggi, che il Signore è sempre al nostro fianco, cammina con noi, non ci abbandona mai. Specialmente nel momento della prova, Dio ci tende la mano, viene in nostro aiuto e ci libera dalle minacce dei nemici. Ma ricordiamoci che il nostro vero nemico è il peccato, e il Maligno che ci spinge ad esso. Quando ci riconciliamo con Dio, specialmente nel Sacramento della Penitenza, ricevendo la grazia del perdono, siamo liberati dai vincoli del male e alleggeriti dal peso dei nostri errori.
All’Angelus del 29 giugno del 2018 il Papa ha ricordato che, nel corso dei secoli, il mondo ha definito Gesù in diversi modi. Ma ancora oggi si staglia, semplice e netta, la confessione di Simone detto Pietro:
‘Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente’ (v. 16). Gesù è il Figlio di Dio: perciò è perennemente vivo Lui come è eternamente vivo il Padre suo. E’ questa la novità che la grazia accende nel cuore di chi si apre al mistero di Gesù: la certezza non matematica, ma ancora più forte, interiore, di aver incontrato la Sorgente della Vita, la Vita stessa fatta carne, visibile e tangibile in mezzo a noi. Questa è l’esperienza del cristiano, e non è merito suo, di noi cristiani, e non è merito nostro, ma viene da Dio, è una grazia di Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo. Tutto ciò è contenuto in germe nella risposta di Pietro: ‘Tu sei il Cristo, il figlio di Dio vivo”.
Nelle icone, i Santi Pietro e Paolo “sono a volte raffigurati mentre sorreggono l’edificio della Chiesa”. Gesù non parla della Chiesa come di una realtà esterna. A Pietro dice: ‘Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa’ (Mt 16,18). Gesù sottolinea Francesco all’Angelus del 29 giugno 2019 – è “affezionato alla Chiesa, a noi”:
San Paolo scrive: ‘Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei’ (Ef 5,25), cioè, spiega l’Apostolo, Gesù ama la Chiesa come sua sposa. Per il Signore noi non siamo un gruppo di credenti o un’organizzazione religiosa, siamo la sua sposa. Egli guarda con tenerezza la sua Chiesa, la ama con fedeltà assoluta, nonostante i nostri errori e tradimenti. Come quel giorno a Pietro, oggi dice a tutti noi: “mia Chiesa, voi siete mia Chiesa”.