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lunedì, Settembre 16, 2024

La medaglia d’argento è questione di Chimica. Intervista a Luca De Masi

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Tonio Rollo
Tonio Rollo
Docente di religione cattolica responsabile della pastorale scolastica della diocesi di Lecce

Ho partecipato per l’ultima volta a queste Olimpiadi molto particolari che mi hanno dato una medaglia d’argento. Il percorso di preparazione a questa competizione mi ha aiutato tanto per le mie scelte future, perché mi ha portato ad affrontare problemi molto difficili e mi ha messo davanti quesiti ostici. Proprio questo mi ha indirizzato alla scelta di andare il prossimo anno a Pisa”.

A parlare è Luca De Masi, studente salentino, appena tornato dall’altra Olimpiade, quella della Chimica, che si è svolta dal 21 al 30 luglio scorso in Arabia Saudita, alla sua cinquantaseiesima edizione. Competizione riservata agli studenti delle scuole superiori di tutto il mondo.

Luca, fresco del suo 100 e lode, maturato al Liceo Scientifico “De Giorgi” di Lecce, ha fatto parte della squadra di quattro studenti che ha rappresentato l’Italia a Riyadh.

 

Come si è arrivati alla selezione della squadra in vista delle Olimpiadi della Chimica?

Dopo le prove nazionali a Firenze  a maggio sono stato convocato insieme con Anna Pia Mazzeo (studentessa del secondo anno dello stesso Liceo, ndr) per partecipare alla prima settimana di allenamenti presso il Collegio universitario Ghisleri di Pavia in programma a giugno. Dopo test e lezioni sono stati individuati i nomi della squadra italiana: Maria Sole Fiorino (Sicilia), Lorenzo Burzi (Emilia-Romagna), Samuele Rozzoni (Lombardia) ed io. Subito dopo l’Esame di Maturità sono andato a fare la seconda settimana di approfondimento laboratoriale sempre a Pavia. 

In cosa consisteva l’allenamento?

Durante le due settimane di allenamento abbiamo risolto alcuni dei cosiddetti “problemi preparatori”, una serie di problemi teorici e pratici su argomenti che sarebbero potuti uscire durante le due prove vere e proprie a Riyadh.

A fine luglio la partenza per l’Arabia Saudita. Una olimpiade di 10 giorni?

Il 21 luglio ci siamo incontrati tutti a Roma per partire verso Riyadh. Una volta arrivati lì siamo stati accolti dagli organizzatori e accompagnati presso la  King Saud University. Negli altri giorni ci hanno fatto visitare Riyadh, le rovine del palazzo di Diriyah (la ex capitale saudita), il museo di arti tradizionali, il “Gamers Boulevard”, un mega evento internazionale di videogiochi, e il centro cavalli arabi, veramente molto belli.

Invece le prove pratiche sono state il 24, quelle teoriche il 26. La durata delle prove era di lunghe 5 ore e proponevano vari argomenti come titolazioni, polimeri, indicatori, enzimi. Finite entrambe le gare, abbiamo incontrato i nostri professori al “reunion party”, con cui abbiamo scambiato notizie e soluzioni dei problemi.

Risultato finale?

Il risultato per l’Italia è stato molto soddisfacente. Oltre alla mia medaglia di Argento, c’è stato il bronzo per  Maria Sole Fiorino dell’istituto “Einaudi” di Siracusa,  inoltre una menzione d’onore è andata a Lorenzo Burzi, studente dell’Itis “Fermi” di Modena.

Come e a chi vengono assegnate le medaglie o la menzione d’onore? Non è come si vede nelle Olimpiadi di Parigi con un primo, secondo e terzo posto.

Esatto, non è come alle Olimpiadi sportive. Qui si preferisce dare le medaglie “a fasce”. Una volta preparata la graduatoria, assegnano tot medaglie d’oro ai primi, poi tot di argento e, infine, tot di bronzo. Al di sotto delle medaglie di bronzo, premiano dai 20 ai 30 studenti che si sono distinti con punteggi comunque alti con una “menzione d’onore”.

Tu hai partecipato a diverse competizioni disciplinari (matematica, fisica, chimica) a livello nazionale e internazionale. Cosa cambia tra ciò che si studia a scuola, quello che si fa all’allenamento e quello che ci si trova davanti alla prova mondiale?

Lo studio delle discipline scientifiche in ambito scolastico e olimpico è molto diverso, non tanto per gli argomenti proposti, quanto, principalmente per l’approccio. L’approccio scolastico è più accademico, dove bisogna imparare certi metodi standard per risolvere problemi spesso simili fra loro. In ambito olimpico si deve spaziare molto di più, imparare a “pensare al di fuori dagli schemi” per trovare soluzioni rapide a problemi che possono sembrare impossibili. Un consiglio che spesso do a chi si vuole avvicinare alle olimpiadi non è tanto quello di studiare tanta teoria su grossi libroni, che comunque non fa mai male e fino ad un certo punto serve, ma è più divertente impararla partendo dalla risoluzione di problemi concreti.

Hai trovato differenze tra le prove nazionali e quelle mondiali?

La prima differenza che salta all’occhio tra nazionali e internazionali è nel formato e nella lunghezza della prova: infatti alle internazionali ci è richiesto di affrontare ben due esami da 5 ore. Tuttavia cambiano anche gli argomenti affrontati, nell’internazionale sono molti di più, ma vengono indicati molti mesi prima, e poi il grado di difficoltà, ovviamente molto più intenso.

Quale è stato il quesito più strano, più particolare.

Il quesito più strano? Potrei nominare il famoso “quesito 5: sconosciuto”. “Sconosciuto” sia il titolo del problema, sia la sua soluzione. Era un problema in cui era richiesto di individuare l’identità di alcuni composti a seconda di alcune misure fatte su di essi. Tuttavia, queste identità sono rimaste nascoste. Non l’ha risolto quasi nessuno, forse solo Jerry, il ragazzo della delegazione cinese che avevo dietro nella prova teorica. Proprio con Jerry abbiamo fatto amicizia. Jerry ci ha cantato l’inno di Italia a memoria, da quel momento abbiamo tifato per lui.

In questi incontri con studenti delle delegazioni degli altri paesi avete avuto modo di notare differenze tra come si studia nelle scuole italiane e nelle altre nazioni?

Domanda non facile: dipende molto da paese a paese. Ci sono alcuni che sono molto simili all’Italia, con Licei e scuole tecniche. Tuttavia l’Italia è un po’ unica nel suo genere nel mantenere un impianto didattico in cui l’ambito umanistico ha un ruolo fondamentale anche nel Liceo Scientifico. All’estero molto spesso si studia lettere o filosofia o storia solo per alcuni anni, mentre da noi lo si fa per tutti e 5 gli anni. Altra grande differenza è che noi finiamo più tardi: a 18/19 entriamo in università, mentre in moltissimi altri paesi già dai 17/18. Oppure, molto spesso alcuni paesi hanno programmi speciali per ragazzi particolarmente dotati (come Mawhiba per l’Arabia Saudita), con un percorso scolastico estremamente personalizzato e separato da un curriculum comune. Un’altra differenza di cui ho sentito parlare è in Slovacchia dove gli studenti che hanno partecipato ad una competizione internazionale per un anno sono esonerati da scuola l’anno successivo in modo che si possano dedicare alla “preparazione”. Insomma, devono giusto fare qualche verifica ogni tanto, ma non devono andare a lezione.

E ora?

Inizio di una nuova vita a Pisa.

E allora: Buona Strada e Ad Maiora!

 

 

 

 

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