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venerdì, Ottobre 18, 2024

I sentimenti di virtus e di pietas traduciamoli in solidarietà

Da Leggere

Rossella Barletta
Rossella Barletta
Rossella Barletta, esperta di storia locale, da oltre quarant’anni indaga sul patrimonio storico, folklorico, antropologico, artigianale, gastronomico del Salento. Negli ultimi tempi il suo interesse precipuo è rivolto al recupero del lessico dialettale e gergale, prima che cada nell’oblio, coi suoi risvolti umani, sociali e storici. Tantissime le sue pubblicazioni, che possono essere consultate su www.rossellabarletta.it o sul sito edizionigrifo.it.

Come conseguenza della rivoluzione teologico-spirituale portata dal Cristianesimo, moltissimi vocaboli riferiti alla cura dell’anima subirono modificazioni e acquisirono nuovi significati. La concezione religiosa e morale instaurò un rapporto diverso fra il divino e l’umano. Pertanto parole come virtus, fides, caritas, spes e altre, che al tempo di Augusto avevano un significato, un altro lo ebbero al tempo di Teodosio e, quindi, il senso di ciascuna di esse ricevette una profonda mutazione.

Per esempio virtus, in senso cristiano, connotò il valore e l’eroismo, mentre nel Cinquecento furono ritenuti virtuosi gli artisti, i letterati, i cantori. Poi, nel tempo, il vocabolo ha permeato specialmente la civiltà contadina, riducendosi via via fino a estinguersi insieme a essa. L’avanzare e il diffondersi del materialismo contemporaneo sono in parte colpevoli della sua polverizzazione. Quando riemerge dall’oblio, la virtus si trova nelle erbe curative o in alcuni prodotti parafarmaceutici dalle virtù ritenute miracolose.

Vir-tus è un bisillabo latino che conduce dritto all’uomo, propriamente al maschio: alla sua forza o virilità che dir si voglia, ed a una galassia di concetti che roteano tutti attorno ai citati sostantivi, capaci di combattere la paura della morte e del dolore. Fuori dallo scenario militare dove virtus è sinonimo di forza fisica pertinente al corpo, tra noi che normalmente facciamo a meno delle armi, la locuzione conserva il significato di valore e di coraggio.

La virtus si avvale di energie non comuni. Ti fa compiere imprese arduissime […] è un istinto che contrasta con il calcolo e lo stratagemma […] nella sola virtus talvolta è riposta la speranza di salvezza, ha scritto N. Gardini. Concetti attualissimi che possono riferirsi a chi, ogni giorno, compie atti di virtù, impagabili (molti, infatti, provengono da volontari!) indirizzandoli ai bisognosi non soltanto di beni materiali, ma anche immateriali, silenti, nascosti.

Poi c’è la virtus filosofica con la quale si entra in un campo dove germoglia l’irreprensibilità, l’armonia dell’anima, la divisione netta tra umano e bestiale, il cui fertilizzante si chiama ragione. La temuta pianta infestante è il vizio ovvero qualunque forma di bassezza e di violenza. A rigor di logica virtù e vizio si dovrebbero escludere a vicenda.

 E poi ancora il bisillabo latino pietas che significa devozione, dovere. Pare che in origine non abbia avuto un significato religioso anche se si ritiene germogliato sul terreno del sacro; piuttosto indicava il senso del dovere ai valori religiosi e civili o, meglio, verso (pietas verga) gli dei, i parenti, la patria.

Per i linguisti l’espressione “doveroso affetto” è un ossimoro; preferiscono sostituire il vocabolo pietas con compassione che meglio traduce la commiserazione di chiunque per la sofferenza altrui. Entriamo così nella sfera dei sentimenti che, se non si sono trasmessi in tempo debito come principio educativo al fine di essere recepiti e metabolizzati per ritrovarli dentro di noi, non si possono sentire improvvisamente. Di più. Quando al termine non è stato dato il giusto significato, esso è usato fuori dal suo contesto. Un esempio? Lo si adopera in diversi contesti: vedendo l’idolo del calcio giocare “da fare pietà”, consumando la pietanza preferita, ma cucinata “da fare pietà”, vedendo un’amica che mostra un bell’abito, ma lo indossa “da fare pietà”.

Non tutti sanno che pietanza ha il significato intrinseco di pietà oltre a quello di cibo che si dava ai frati in certe ricorrenze.

La distanza fra il significato di pietas che davano i Romani (scrupolosa osservanza degli obblighi sostanziali e formali verso coloro ai quali si doveva riconoscenza e gratitudine) rispetto a quella contemporanea è abissale. Il rapporto dell’uomo con la divinità, la patria e la famiglia è sostanzialmente cambiato.

Penso che si hanno sufficienti elementi per fare risuscitare in noi lo smarrito sentimento della pietas, magari aderendo e assecondando uno dei suoi sinonimi. E se non è contemplato, coniamolo per l’occasione a cui riteniamo di farlo aderire. Le sollecitazioni non mancano. Basta guardarsi attorno per prendere atto che esistono attorno a noi vecchie povertà e nuove sofferenze. Già avere un comportamento di responsabilità (non necessariamente verso le indigenze, ma anche verso l’ambiente vilipeso e offeso, e di solidarietà verso gli altri equivale a tenere alto il livello di civiltà e a non farci precipitare nella barbarie.

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